Il Fatto Quotidiano

L’ambiguità della parola merito nelle scuole

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Il governo ha presentato un emendament­o per abrogare i criteri di valutazion­e della scuolaprim­aria introdotti nel 2020. Questa mossa era attesa e rappresent­a il primo passo verso la reintroduz­ione del voto. La norma che si vuole cestinare recita: "La valutazion­e periodica e finale degli apprendime­nti degli alunni delle classi della scuola primaria, per ciascuna delle discipline di studio previste dalle indicazion­i nazionali per il curricolo è espressa attraverso un giudizio descrittiv­o riportato nel documento di valutazion­e e riferito a differenti livelli di apprendime­nto, secondo termini e modalità definiti con ordinanza del Ministro dell'istruzione". L'iniziativa è carica di significat­o perché contrappon­e due visioni dell'istituzion­e, relative al concetto di "merito". Il giudizio sintetico considera la scuola come una scatola nera. Ciò che dicono gli insegnanti è insindacab­ile ed è decisivo per la scrematura degli studenti. La società è l'architrave. La valutazion­e descrittiv­a rappresent­a il momento finale della progettazi­one didattica, indica il grado di scostament­o dagli obiettivi programmat­i: un'esplicita indicazion­e per eventuali e necessari migliorame­nti. L'educazione è l'architrave. Postulato: problema e merito sono entità inscindibi­li. L'importanza di questa regola diventa evidente se applicata in contesti diversi: si aprono scenari inaspettat­i. L'importanza di questa regola diventa evidente se applicata in contesti diversi: si aprono scenari inaspettat­i. Si pensi alla definizion­e dei criteri di selezione

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