Il Fatto Quotidiano

Attacchi Houthi L’altra rotta che non dispiace ai Paesi arabi

- FABIO SCUTO

dici che sottolinea­vano lo stato di depression­e cronica di Assange, dovuto all’isolamento quasi totale a cui è sottoposto nella prigione di Belmarsh. I medici avevano anche messo in evidenzia il rischio di possibili pensieri suicidi. Allo stesso tempo, diversi specialist­i del sistema carcerario statuniten­se avevano descritto le condizioni di vita dei detenuti nel centro di detenzione di Alexandria, in Virginia, dove Julian Assange sarebbe quasi certamente rinchiuso, in attesa del processo, e nell’“adx”, il carcere di massima sicurezza di Florence, in Colorado, dove sconterebb­e la pena. In quanto condannato per reati di sicurezza nazionale, Assange sarebbe molto probabilme­nte soggetto a “misure amministra­tive speciali” (Sam), volte a impedire qualsiasi contatto con altri detenuti. Yancey Ellis, avvocato del foro di Alexandria, aveva a sua volta descritto la vita quotidiana in queste minuscole celle, con gli arredi ridotti al minimo indispensa­bile, una sola finestra di plexiglass, che non si può aprire, e una porta d'acciaio con un’apertura per permettere il passaggio del cibo e immediatam­ente richiusa in modo che i prigionier­i non possano comunicare tra loro. Tutti questi argomenti hanno convinto il giudice Vanessa Baraitser a respingere la richiesta del tribunale Usa. “Le condizioni mentali di Julian Assange sono tali che sarebbe abusivo estradarlo negli Stati Uniti”, ha dichiarato la giudice nella sentenza di primo grado del 5 gennaio 2021. Il governo Usa, opposto alla decisione, ha dunque risposto presentand­o un nuovo ricorso e, nel febbraio 2021, ha inviato alla magistratu­ra britannica una “nota diplomatic­a” in cui forniva una serie di “rassicuraz­ioni”. La nota garantisce che Julian Assange, una volta estradato, non sarebbe rinchiuso in un carcere lo ha firmato il 17 giugno 2022. Ancora una volta, i legali di Assange hanno fatto ricorso, contro la firma dell'ordine di estradizio­ne. E anche questo è stato respinto, il 6 giugno 2023.

Come ha detto all’epoca Reporter senza frontiere (Rsf ), a partire da quel momento Julian Assange non è mai stato così “pericolosa­mente vicino all’estradizio­ne”. Arriviamo dunque alla decisione dell’alta corte di Londra attesa per il 20 e 21 febbraio. Questa udienza serve a stabilire se Assange ha diritto o no a fare appello alla decisione del 6 giugno 2023. Se il ricorso dovesse essere accettato, la data di una nuova udienza d’appello dovrà essere fissata. Nel caso invece in cui il ricorso venisse respinto, tutti i ricorsi interni possibili sarebbero stati esauriti e l’unica opzione possibile per Assange sarebbe di ricorrere alla Cedu, sulla base dell’articolo 39 del suo regolament­o interno, secondo il quale la Corte Ue può emettere delle “misure

In attesa che il sistema di protezione navale per le navi mercantili occidental­i nel Mar Rosso, quello con il comando tattico italiano, prenda una sua concretezz­a operativa, molte compagnie di trasporto internazio­nale stanno cercando rotte alternativ­e a quella di circumnavi­gare l’africa per far arrivare le merci dall’oriente nel Mediterran­eo.

Lo Stato ebraico, primo bersaglio dei missili degli Houthi yemeniti, sta già sperimenta­ndo percorsi alternativ­i. Israele sta infatti utilizzand­o una rotta terrestre per l’importazio­ne di merci attraverso il Golfo e attraverso gli Emirati Arabi Uniti (Eau), l’arabia Saudita e la Giordania verso Israele, nel tentativo di aggirare la rotta marittima attraverso il Mar Rosso in direzione Suez.

Dall’inizio del continuo bombardame­nto e dell’invasione israeliana della Striscia di Gaza, i ribelli Houthi dello Yemen hanno lanciato numerosi attacchi contro le navi dirette verso Israele attraverso il Mar Rosso, sequestran­dole e influenzan­do in modo significat­ivo il commercio globale (il 30%) che passa attraverso quelle linee di navigazion­e vitali.

Una trasmissio­ne del Canale 13 israeliano la giovedì scorso, ha rivelato che diverse navi dall’oriente si dirigono verso il Golfo Persico, da Dubai (Eau) i container attraversa­no l’arabia Saudita e la Giordania, dal valico di Allenby Bridge entrano in Israele e proseguono verso il porto di Haifa. Percorso coperto in 4 giorni, consentend­o un taglio dei tempi di quasi 2 settimane, riducendo costi e tempi attesa.

Le operazioni vengono effettuate tra due società – Puretrans Fzco con sede negli Emirati Arabi Uniti e Trucknet con sede in Israele – che trasportan­o merci tramite camion e container, il cui contenuto include cibo, plastica, prodotti chimici e dispositiv­i o componenti elettronic­i.

Sorprenden­te l’apparente cooperazio­ne e il permesso di quegli Stati arabi, nonostante la guerra di occupazion­e a Gaza e le migliaia di morti palestines­i nel territorio assediato.

Garanzie fittizie Washington ha rassicurat­o: viste le sue condizioni potrebbe non essere isolato. Ma sono solo dichiarazi­oni

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Proteste proassange. In basso il fondatore di Wikileaks FOTO LAPRESSE
Giudizio finale Proteste proassange. In basso il fondatore di Wikileaks FOTO LAPRESSE

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