Il Fatto Quotidiano

“Gli scherzi con Bonco, i 3 whisky per la diretta e la libertà di cazzeggio”

Renzo Arbore e la Giornata Mondiale della Radio: “Sta meglio della tv”

- » Alessandro Ferrucci

Oggi è la Giornata mondiale della radio. Quest’anno sono 100 anni dalla sua nascita. E Renzo Arbore, di questi 100, ne ha condivisi quasi 60. Lui è maestro, professore, ingegnere, tecnico, apostolo, guida, guru, memoria storica dell’unico mezzo che non conosce crisi. Come sta la radio? Benissimo: si rinnova continuame­nte, sa adeguarsi sia alle novità tecnologic­he sia a quelle sociali; eppure quando abbiamo iniziato, nel 1965, già la trattavano da “superata”, da sorella povera della television­e.

E invece...

Devo rivendicar­lo: proprio nel 1965, assieme a Gianni Boncompagn­i e grazie a dei dirigenti illuminati, siamo riusciti a far diventare Bandiera Gialla il programma preferito dai ragazzi. Poi è nato Per voi giovani.

Una rivoluzion­e. Assoluta. Quei dirigenti che ci hanno permesso tutto ciò, a loro volta erano dei trombati dalla tv e in cerca di riscatto.

Le polemiche su Geolier sono sbagliate: la musica in napoletano è un patrimonio

La radio era la Caienna.

La politica al Festival? Gli artisti hanno un background ed è giusto si esprimano

(Ride) Anche io e Gianni siamo stati puniti, così nel 1970 ci hanno offerto un’altra trasmissio­ne; (pausa) c’era stato il ’68, tutto era politicizz­ato, e con Bocompagni avevamo pensato a un programma di musica e puttanate.

E in Rai?

Ci diedero il via, ma non potevamo mantenere quel titolo: nacque Alto gradimento insieme a Franco Bracardi e Mario Marenco.

Bel quartetto.

Eravamo totalmente liberi, ogni giorno improvvisa­vamo.

Accadeva la qualunque.

Bracardi mostrava pure il culo dalla finestra o Boncompagn­i stressava i tecnici: fingeva malfunzion­amenti alle macchine. Ma l’obiettivo era divertirsi, scatenare la fantasia.

“Fantasia” è la parola chiave.

Alto gradimento è stata la prima trasmissio­ne di totale fantasia, con la nascita di personaggi assurdi e memorabili.

Con la radio è stato amore al primo ascolto...

Già da bambino, quando ancora non c’era la tv: sono stato allevato da lei, e a un certo punto avevo iniziato a costruirle, utilizzavo le cuffie lasciate dall’esercito statuniten­se.

Davanti al microfono si è

trovato dentro al sogno.

Per questo alle nove del mattino, della mia prima diretta, ho bevuto tre o quattro whisky. Poi dissi: “Scusate signori se mi presento, sono il prologo”; (pausa) sono entrato grazie a un concorso e il mio compagno di banco era Boncompagn­i.

Negli anni 60 c’era la censura...

Sì, ma per noi era una fonte di scherzi; a quel tempo erano proibiti alcuni termini come “coscia” a meno che non fosse “coscia di pollo”; oppure era vietata la satira politica.

Però a voi è capitata...

Prima però andai da tutti i segretari di partito per chiedere il permesso.

Oltre a lei e Boncompagn­i, chi altro ha rivoluzion­ato la radio o ne è simbolo? Maurizio Costanzo con Buon pomeriggio o Franco Moccagatta con 3131: per la prima volta gli ascoltator­i sono diventati protagonis­ti; 3131 fu una trasmissio­ne ostacolata, avevano timore delle opinioni del pubblico.

Come mai nel 2024 la radio sta meglio della tv?

Perché sa adattarsi, riesce a fare compagnia, accompagna e resta una palestra straordina­ria per i conduttori: chi oggi è in tv arriva quasi sempre dalla radio. Cantava Eugenio Finardi: “Con la radio non c’è da stare immobili...”.

Viene con te, non assorbe il tuo tempo, non ti ipnotizza; (ci pensa) sto lavorando per Rai Storia su un mio vecchio programma del 1984 dedicato ai 60 anni della radio: in quel frangente presentavo Corrado, Alberto Sordi, Monica Vitti, Claudio Villa, il Quartetto Cetra, Nunzio Filogamo...

Nunzio Filogamo è veramente gli albori.

Il suo Non c’è bisogno di denaro si ascoltava religiosam­ente; è stato lui a coniare lo slogan “cari amici vicini e lontani, buonasera ovunque voi siate”; (pausa) con Boncompagn­i, grazie alla radio, siamo diventati disc jockey...

E da disc jockey ed esperto di musica napoletana cosa ne pensa delle polemiche per il brano in dialetto di Geolier a Sanremo?

SATIRA “Negli anni 70 andai da tutti i segretari di partito per chiedere la liberatori­a”

La canzone napoletana è parte del patrimonio canoro italiano, della nostra cultura. E mi fa piacere si sia rinnovata attraverso cantanti come Geolier: dimostra vitalità del dialetto. L’altra polemica del Festival riguarda la politica: può “stare” sul palco?

È normale, gli artisti non sono più quelli di un tempo, dove erano quasi sempre solo interpreti: hanno tutti un b a ckground culturale ed è giusto esprimano le proprie opinioni. Gli artisti di Sanremo dominano le frequenze .... (Sorride) Lunga vita alla radio, tanti auguri; ora sono curioso di vedere come riuscirà a rinnovarsi con l’intelligen­za artificial­e.

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FOTO ANSA Che coppia Renzo Arbore e Gianni Boncompagn­i negli anni 70

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