PESSIMI I NUOVI VINCOLI UE: IL PARLAMENTO DICA DI NO
Il nuovo Patto di Stabilità e Crescita è completamente al di sotto delle aspettative e delle sfide che si prospettano all’europa. Al di là dei dettagli tecnici (su cui ha scritto efficacemente Marco Palombi sul Fatto), il suo problema principale è che lascia inalterata la vecchia impostazione della politica fiscale europea che considera la stabilizzazione del debito una funzione dei tagli al bilancio pubblico invece che della crescita. Per stabilizzare il debito è necessario ritornare a crescere, e per questo è essenziale in Italia e in Europa rilanciare gli investimenti pubblici. Una delle proposte di riforma prevedeva l’introduzione di una “regola aurea” che sottraesse gli investimenti pubblici dal calcolo del deficit: ha incontrato l’opposizione della Germania ed è stata cassata.
COSÌ COM’È, il nuovo Patto non serve a nessuno. Non all’italia, che dovrà ricominciare il vecchio circolo vizioso (solo temporaneamente interrotto dagli anni del Covid) di aggiustamenti fiscali, tendenze recessive, minacce di procedure per deficit eccessivo che portano a nuovi aggiustamenti fiscali, ecc. Non serve all’europa, che vedrà aumentare le tensioni politiche, dato che l’austerità tende a rafforzare i partiti “populisti”. Non serve paradossalmente neppure alla Germania. Le grandi aziende tedesche sanno di essere in ritardo sui dossier fondamentali su cui si gioca la competitività futura: la transizione verde, quella digitale e l’uscita dal gas russo, e chiedono che lo Stato investa per affrontare queste transizioni. Inoltre la Germania necessita disperatamente di modernizzare le sue infrastrutture, specie quelle ferroviarie come mostrano gli indicatori di puntualità peggiori di quelli italiani.
Perché allora la Germania ha voluto rendere più austera la proposta della Commissione, già di per sé criticabile? Questo caso dimostra quanto l’egemonia tedesca sui processi decisionali europei sia diventata patologica e controproduttiva. Il Patto di Stabilità ha la forma attuale perché il ministro delle Finanze tedesco e il suo partito, la Fdp, in forte crisi di consensi (come tutta la coalizione governativa), si sono convinti che la maniera di recuperare gli elettori in fuga verso la Cdu e la AFD fosse tener duro sull’austerità domestica ed europea.
Nell’interesse dell’italia e dell’europa, sarebbe auspicabile che le forze politiche italiane di destra e di sinistra non ratificassero questo Patto, chiedendone la riformulazione. Sono consapevole dell’improbabilità della proposta, ma è necessario farla. La destra è spesso accusata di essere “sovranista”. Questo aggettivo di significato ambiguo identifica una forza politica che antepone l’interesse nazionale a quello europeo. Io non vedo un governo “sovranista” in Italia. Vedo invece un governo che dopo aver promesso inversioni di rotta in campagna elettorale tiene a mostrarsi “responsabile” e “rispettabile” continuando le politiche economiche “da pilota automatico” precedenti. Se c’è un governo sovranista, è ora di mostrarlo. L’interesse nazionale e quello europeo coincidono.
Per la sinistra il discorso è diverso. Con molti altri autori, in primis Peter Mair e Wolfgang Streeck, sono convinto che una politica di sinistra economica non sia possibile senza rimettere in discussione i pilastri della governance economica europea, in particolare la delega delle materie fondamentali di politica economica a tecnocrazie indipendenti e a regole sovranazionali, che rende impensabili prima ancora che impraticabili le politiche di rilancio dell’intervento pubblico e di redistribuzione. Cambiare la governance europea è un processo incrementale piuttosto che palingenetico. I molteplici poteri di veto rendono impossibile modificare i trattati Ue, vanno colte le occasioni quando si presentano. La riforma del Patto di Stabilità è una di queste rare opportunità e siamo vicinissimi a sprecarla.
CREDO CHE IL M5S
non rappresenti il problema principale a sinistra. Probabilmente si rende conto che un ritorno alle politiche di austerità danneggia soprattutto la sua constituency principale: i ceti medio-bassi, specie del Sud. E i suoi elettori sono neutri rispetto all’europa. Più complessa è la situazione del Pd, che da tempo ha assunto il ruolo di vestale italiana della fedeltà europea. Come tale, ha la tendenza a scambiare per ambrosia ogni intruglio propinato dalla Ue. Elly Schlein sta facendo un tentativo sincero di riprofilare il partito a sinistra, avvicinandolo ai ceti medi impoveriti dalla trentennale stagnazione. Spero comprenda che occorre una nuova direzione. La sua nobilitate si parrà sulla sua capacità di comprendere la posta in gioco e di cambiare il discorso interno sull’europa.