Un “topolino innamorato” alla conquista di “Dune 2”
Il secondo capitolo della saga diretta da Villeneuve ora punta sull’emozione e sulla scenografia realistica: Chalamet e Zendaya trascinano il cast
“Paul Atreides non è più il ragazzino privilegiato, confinato nelle mura reali del primo capitolo: la tragedia personale, ovvero la morte del padre e dei consanguinei, l’ha cambiato, è diventato un uomo che abbraccia il proprio destino, e supera la paura di amare”. L’eroe partorito dalla penna di Frank Herbert è cresciuto, il 28enne Timothée Chalamet che lo incarna nella saga cinematografica di Denis Villeneuve non è più il rampollo degli aristocratici Atreides, ma parte dei ribelli Fremen, tra cui prende il nome di Muad’dib, il topo del deserto che vive sul pianeta di Arrakis.
È Dune: Parte Due, che arriverà nelle nostre sale il 28 febbraio: l’abbiamo aspettato a lungo, non si sapeva se Warner Bros. avrebbe avallato il raddoppio, poi lo sciopero a Hollywood ne ha procrastinato l’uscita, oggi il regista Villeneuve parla di “seconda chance per fare meglio” e assicura: “Non abbiamo mai lasciato Arrakis”.
Dopo i sei Oscar conquistati dall’originale nel 2022, il seguito ritrova Paul e la madre incinta Jessica (Rebecca Ferguson), una mistica Bene Gesserit, tra le dune di Arrakis – scopriremo, agli albori si appellava Dune – alle prese con l’eterna lotta tra Bene e Male: il primo è appannaggio dei nativi Fremen, tra cui Chani (Zendaya) e Stilgar (Javier Bardem); il secondo incarnato dagli Harkonnens, che dragano il deserto per incorporare la preziosa spezia.
A tornare il Barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgård), Rabban (Dave Bautista) e la Reverenda Madre Mohiam (Charlotte Rampling), le nuove entrate sono lo psicopatico nipote del Barone Feyd-rautha (Austin Butler), l’imperatore Shaddam IV (Christopher Walken), la di lui figlia Principessa Irulan Corrino (Florence Pugh) e l’intrigante Margot Fenring (Léa Seydoux). Tutti corroborano il dissidio interiore di Paul, lacerato tra “il desiderio di vendetta e – dice Villeneuve – il presentimento della catastrofe, che potrebbe gettare gli amici Fremen nel caos e nella guerra. Un dilemma morale, Paul cammina su una linea molto sottile: cerca di combattere i nemici, senza consegnarsi alla profezia della Bene Gesserit”.
Accanto a Chalamet, la superstar femminile è Zendaya, che dà a Chani “forza, passione, il fuoco dentro: è guidata dal cuore, anche se finirà spezzato. Per lei è tutto più difficile, perché crede in Paul, non nel messia e nel profeta come fanno Stilgar e gli altri Fremen. E poi c’è l’amore, non puoi decidere chi amare. Chani si innamora di Paul, ma al contempo odia quanto egli rappresenta”.
Chani dovrà fare buon viso a cattivo gioco, ossia ragion di Stato, ma la perseveranza compete anche al carattere di Chalamet, che torna alle “metafore animali per indicare i nostri
IL DIVO L’attore sul set: “Avevo la sabbia in faccia, un’esperienza violenta”
leader, i nostri eroi, sovente intesi quali leoni o tigri: qui non c’è Paul Braveheart o Paul Cuor di Leone, bensì Paul Muad’dib, il topino. Una differenza sostanziale”.
Sul fronte stilistico, Villeneuve precisa di aver voluto creare il più possibile fisicamente le scenografie: “Vengo dal documentario, mi ispiro alla realtà. Amo il tangibile, non il virtuale”. Una premura travasata nella “sequenza più complessa di Dune: Parte Due, quella dei vermi delle sabbie cavalcati da Paul: ci sono voluti mesi e una unità dedicata, volevo velocità e pericolo”. Chalamet sottoscrive: “Avevo la sabbia in faccia, un’esperienza violenta”. Ora la parola passa agli spettatori, nella speranza che concordino con Zendaya: “Sono rimasta senza parole, è un film sbalorditivo!”.