“SONO TRISTE: DEVO CURARMI” Fragilità, il tuo nome è “Artista”
L’• Bipolare, soffre di depressione e ansia: ha lanciato un sito per la salute mentale amico fragile esce dal campo. Come quando, da bambino, gli fu diagnosticata una patologia cardiaca. I medici sentenziarono: “Non potrai diventare un campione”. Così Sangiovanni si limitò a restare un fan milanista, il suo idolo è Giroud, bomber spaccaporte. Il ragazzo vicentino coltivò l’amarezza dell’esclusione: a dieci anni, se vuoi giocare a calcio e ti dicono che rischi di spaccarti l’aorta, vivi te stesso come un giocattolo difettoso, da riportare al negozio. Chissà se è stato questo smacco a travasargli nell’anima la “bile nera”, la melanconia aristotelica: restava la speranza di riscattarsi in altro modo, non esiste artista che non sia esposto ai dardi saturnini.
Musicisti in precario equilibrio sopra la follia? Prego, avanti. Da Mahler a Schumann, da Beethoven a Mozart. Semidei dall’io spezzato, non diversi dai beniamini del pop e rock. Jimi Hendrix, Syd Barrett, Peter Gabriel, Sting, Kurt Cobain .E Mariah Carey, Demi Lovato, Selena Gomez, Whitney Houston, Sinead O’connor, Gabriella Ferri...
L’elenco è sterminato: il talento e la malattia devono trovare un compromesso se vuoi prenderti la gloria, o la hit parade. Non conta il secolo, un dettaglio far sinfonie immortali o canzoni da streaming. E se non sei strutturato, lo showbiz ti macina dentro come un tarlo, alimenta ansia, paranoia, stress performativo. Ti chiedono selfie e autografi, devi mostrarti tosto mentre vedi il palco o lo studio peggio come sabbie mobili, pronte a tirarti giù. Così, con una decisione di lodevole sensatezza, Sangiovanni si ferma. A 21 anni e con una carriera da star. L’album può attendere, il concerto del 5 ottobre a Milano è rimandato a chissà quando. E se. “Non riesco più a fingere che vada tutto bene e che sia felice di quello che sto facendo. A volte bisogna avere il coraggio di fermarsi e sono qui per condividere con voi che ho deciso di farlo”, ha annunciato sui social. I più attenti avevano colto un segnale di resa già a Sanremo. In fondo alla classifica con la sua Finiscimi, aveva detto in diretta ad Amadeus dopo averlo ripetuto in mille interviste festivaliere: “Non mi importa arrivare primo o ultimo, amo questa canzone, quel che conta è la mia salute mentale, vorrei stare bene”. E nel backstage: “La terapia mi aiuta, ma la psicoanalisi in Italia non è per tutti”. Lo stesso allarme lanciato pure da Fedez: il governo è sordo, i bonus vanno e vengono, spariscono o si rivelano insufficienti dopo la pandemia, quando c’è un gran bisogno di tutelare chi non ce la fa.
I dati certificano aumenti esponenziali del disagio, soprattutto fra i giovani: il 39 per cento di loro soffre di ansia e depressione e a 1 su 7 degli italiani fino a 19 anni è stato diagnosticato un disturbo neurologico. La Generazione Zeta, che non vede un futuro praticabile, è a pezzi. Gli idoli teen sono fratelli “più fortunati” perché cantano il malessere in nome di tutti, ma può arrivare il momento anche per loro di farsi di lato. Poco conta, in fondo, in quale punto della mente e dell’anima si sia accesa la miccia.
In Finiscimi Sangiovanni chiede perdono all’ex fidanzata, la ballerina Giulia Stabile: “Io non so come si controllano le emozioni/ Perciò delle volte ho fatto un po’ il coglione/ Non abituarti, sono soltanto un bugiardo/ Con gli errori commessi ci farò una collezione/ Negli occhi vedrò solo le allucinazioni”. Ma un amore finito è gossip per i siti acchiappaclick, un naufragio privato. Sangio, invece, non da oggi invoca apertamente sostegno. Nella scorsa tournée fu costretto ad alcuni forfait: un feroce, misterioso mal di stomaco lo divorava senza pietà. Andò alle Iene per un monologo-confessione sulle debolezze interiori. Prima ancora, nella scuola di Amici, aveva mostrato di non
Sangiovanni all’ultimo recente Sanremo; sotto, Fedez da Carlo 2,
De André,
Nick Drake,
Vita