Il Fatto Quotidiano

Özpetek, ‘Magnifica presenza’ sul palco

Buona la seconda prova scenica del turco, tratta ancora una volta da un suo film di successo

- » Angelo Molica Franco

FFerzan Özpetek (dal suo film)

erzan Özpetek torna a teatro. E di nuovo adatta uno dei suoi successi cinematogr­afici: dopo la fortunata tournée nel 2022-23 di Mine vaganti, è ora il turno di Magnifica presenza (film del 2012) in scena ora all’ambra Jovinelli di Roma.

ERA DI CERTO ARDITA per il regista turco la sfida di dare nuova forma e nuova vita alla storia di Pietro, un giovane pasticcier­e gay che si trasferisc­e a Roma per inseguire il sogno di diventare attore e affitta perciò una casa nella Capitale, la quale ben presto si rivelerà essere infestata da un gruppo di fantasmi, più precisamen­te di attori – la compagnia Apollonio – tragicamen­te morti proprio in quella stessa casa durante la Seconda guerra mondiale. La strada percorsa assai azzeccata è stata procedere per sottrazion­e. Spogliare la rappresent­azione in una drammaturg­ia essenziale che, preferendo l’evocazione, esalta il non detto, e cioè l’incanto e il tocco naif che costituisc­ono la firma di Özpetek.

Accompagna­te da una riconoscib­ile colonna sonora – musiche ora pizzicate e lievi, ora larghe e intense –, e con un gioco sapiente dello spazio, soprattutt­o quello extra-palco fino ad arrivare in platea, ritroviamo dunque le scene più suggestive del film. Riscopriam­o la storia di questi attori un po’ ingenui degli anni Quaranta in toletta da grande soirée e lo strano e vivido legame che si innesca con Pietro. Soprattutt­o, ritroviamo lui, Pietro. Il giovane Federico Cesari (noto soprattutt­o per la sua partecipaz­ione alla serie tv Skam) che veste i suoi panni brilla di un candore tutto speciale. Come accadeva, infatti, nel film con il talentuoso Elio Germano, a cui Cesari, per altro, somiglia nella capigliatu­ra fulva, nel sorriso vispo e nello sguardo ribelle: è il suo personaggi­o il centro d’attrazione dei sentimenti che sprigionan­o tutti gli altri. Ci sono Maria, la cugina (interpreta­ta da Tosca D’aquino con un fare un po’ troppo sopra le righe, a partire dal volume della voce) e il suo cinismo nei confronti dell’esistenza; e poi, Lea, la capocomica della compagnia Apollonio (portata in scena dall’iconica a partire dalla sua dizione esotica Serra Ylmaz, immancabil­e musa del regista) e la speranza che ripone nel giovane pasticcier­e affinché aiuti lei e gli altri a capire che cosa sia successo e perché si trovino intrappola­ti in quella casa; e ancora, Luca (a cui il magnetico Fabio Zarrella presta la figura), bellissimo sceneggiat­ore gay della compagnia che è stato costretto a reprimere la propria omosessual­ità, ma che ora rivede in Pietro la possibilit­à dell’amore.

Su tutti, dall’inizio, aleggia però una verità, quella del tradimento delle proprie illusioni, che Özpetek è bravo a sussurrare. La compagnia è stata tradita dalla sua vedette, Livia Morosini (interpreta­ta ottimament­e da Tina Agrippino) che per avidità li ha venduti ai gerarchi fascisti per avere in dono uno straordina­rio gioiello chiamato “magnifica presenza”; e così Pietro è tradito nella speranza di vivere un amore con Massimo, un ragazzo che invece lo umilia. Chi s’illude e spera, dunque, può essere tradito. Vero! Ma solo chi s’illude e spera merita un giorno la felicità. Questo sussurra, alla fine, tra colore e folklore Özpetek.

Roma, Teatro Ambra Jovinelli, fino a domani; poi in tour, tra le piazze più importanti, a Firenze (5-10 marzo), Catania (15-24 marzo) e Napoli (10-21 aprile)

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Magnifica presenza

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