La piazza dell’ipocrisia: fischi alla pattuglia leghista
In piazza del Campidoglio un migliaio di persone ha commemorato Alexej Navalny con una fiaccolata breve e composta, aperta dalle parole del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, e chiusa con un minuto di silenzio in ricordo del dissidente russo.
C’erano i sindacati e tutti i partiti: l’intero arco parlamentare ha inviato una sua delegazione, per una prova di apparente unità politica. Ma dietro la concordia formale, nessun fronte unitario. Subito prima della cerimonia alcuni manifestanti hanno contestato la Lega e il suo capogruppo Massimiliano Romeo (“Vergogna”, “Vattene a Mosca”, “Dove sono i 49 milioni?”). Ma le differenze nello spirito con cui i partiti hanno riempito la piazza erano chiarissime al di là di quei fischi.
C’È CHI HA PROVATO
a trasformarla in una manifestazione per il sostegno militare all’ucraina. L’hanno fatto Italia Viva e +Europa con le dichiarazioni del renziano Enrico Borghi e del radicale Riccardo Magi, che hanno puntato il dito contro le “ipocrisie” – oltre che dei leghisti – del Movimento 5 Stelle, contrario all’invio di armi a Kiev. L’ha detto, in modo più felpato, anche Carlo Calenda, che aveva lanciato la fiaccolata in Campidoglio: ha definito la manifestazione “un segnale di solidarietà per gli ucraini che muoiono per la libertà” e ha ricordato che sarà a Kiev il 24 febbraio per l’anniversario dell’invasione russa. Non è un caso che la fotografia della serata sia stata l’abbraccio tra Calenda ed Elly Schlein al cospetto di Gualtieri: gli unici davvero in sintonia con la piattaforma “disegnata” attorno alla manifestazione.
Gli altri c’erano, ma più defilati. I Cinque Stelle hanno partecipato senza Giuseppe Conte, con Paola Taverna, Francesco Silvestri e Stefano Patuanelli. Presenti anche i rossoverdi Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli e le delegazioni di Forza Italia e Fratelli d’italia. Per il partito della premier c’erano Tommaso Foti, Fabio Rampelli e Federico Mollicone. Quest’ultimo ha tagliato corto sulle antiche simpatie di Giorgia Meloni per Putin (un baluardo “dei valori europei e dell’identità cristiana”, sosteneva): “Era un contesto geopolitico in cui la Russia non aveva
CAMPIDOGLIO DELEGAZIONI DI TUTTI I PARTITI: 5S SENZA CONTE
ancora invaso uno Stato sovrano”, ha detto Mollicone (ma già allora Putin perseguitava gli oppositori politici). Infine la Lega, come detto, unica a essere contestata. Troppo forte il ricordo delle magliette e degli slogan di Salvini per l’autocrate russo (tra le prodezze più memorabili, la frase “Meglio mezzo Putin che due Mattarella”). Sul responsabile della morte di Navalny, Romeo ha detto di non avere certezze: “Venga fatta chiarezza a livello internazionale”. Nella delegazione salviniana in piazza c’era anche Andrea Paganella, uno dei leghisti che parteciparono insieme ad Andrea Savoini al famigerato incontro all’hotel Metropol di Mosca del 2018 per concordare presunti finanziamenti russi al Carroccio.