“Soru è un alleato delle destre, battiamole per l’antifascismo”
La donna da cui dipende il futuro a medio termine del centrosinistra giura che “la partita è apertissima”, ma ammette che si giocherà tutto fino all’ultimo voto: “Gireremo strada per strada e casa per casa, fino all’ultimo, perché ci sono ancora tanti indecisi e molti che non vogliono andare a votare. Vanno convinti”. La 5Stelle Alessandra Todde, sostenuta anche da Pd, rossoverdi e varie liste di sinistra tenterà tutto il tentabile per togliere la Sardegna alle destre nelle urne di domenica prossima. Ma per riuscirci non punterà sul comizio finale con Giuseppe Conte ed Elly Schlein, di cui pure si parlava da giorni: “Chiuderemo il 23 sera a Cagliari, dando voce agli esponenti sardi dei partiti che mi hanno sostenuto in questa campagna, perché questa è una battaglia dei sardi”.
Lei parla di partita aperta, ma con Renato Soru in campo è durissima. Può farvi perdere voti decisivi a sinistra, no?
Di fatto Soru rappresenta la decima lista di Paolo Truzzu, il candidato del centrodestra. Si sta assumendo una gravissima responsabilità, rischiando di far rimanere al governo quelli che hanno distrutto la regione. Eppure sa di non essere competitivo, per di più con un sistema elettorale che premia solo i primi due candidati più votati.
L’ex presidente potrebbe replicarle che si è candidato perché non avete voluto le primarie. Intanto ha bollato lei e i suoi alleati come dei “disperati”.
Le sue ragioni non le conosco, e ormai non mi interessano. Ciò che conta è che l’avversario da battere è la destra, e lui la sta aiutando. Votare Soru è come votare Truzzu.
L’attimo fuggente
Lei in radio a ha detto: “Quelli che sono al governo sono fascisti, e so di usare parole grosse”. Ma l’antifascismo è ancora un valore? E interessa alla gente?
È un valore, e lo sarà sempre. Mio nonno è finito al confino perché antifascista, e io sono orgogliosa delle mie radici. Le sembra normale che Truzzu, colui che molti chiamano ancora Trux, abbia definito Michela Murgia “una donna totalitaria”? Il fascismo è stato totalitario, non certo Murgia.
Per farcela lei deve sperare anche che a destra si consumi qualche vendetta per la mancata ricandidatura di Christian Solinas, voluto dalla Lega. Sente aria di lunghi coltelli?
Basta notare che sulla locandina dell’evento di chiusura della campagna con i leader nazionali, il nome di Giorgia Meloni è scritto in grande e gli altri sono in piccolo, come se si vergognassero. Quello delle destre è solo un cartello elettorale. Sono divise su tutto.
Il ministro leghista Giancarlo Giorgetti, in visita in Sardegna, ha detto che quella in Sardegna non sarà una partita nazionale. Condivide?
Giorgetti ha anche smentito un assessore uscente della giunta Solinas, anche lui leghista, sostenendo che ci sia un problema evidente sulla continuità territoriale, ossia sulla mobilità nella regione. Detto questo, qui in gioco c’è il futuro di una regione che ha sanità e trasporti a pezzi.
Però anche il centrosinistra nazionale si è lacerato sulla sua candidatura, tanto che Soru insiste nel definirla come catapultata da Roma. È per questo che non farà il comizio finale con Conte e Schlein, per cautelarsi?
Ma no. Loro si erano anche detti disponibili, ma ho ritenuto giusto dare spazio ai segretari sardi dei partiti. Sarà una festa, ed è giusto che loro siano in prima fila dopo tutto il lavoro sui territori. Nel Pd rinfacciano da mesi a Schlein di averla sostenuta. “Conte fa gli accordi con noi dem solo dove la candidata è sua” è la tesi. Hanno così torto?
La mia candidatura ha messo assieme tutti i partiti della coalizione di centrosinistra, attorno a un progetto preciso. Per fermare la destra non vedo altra strada che l’alleanza tra noi e il Pd così da fare massa critica, con una coalizione nella quale non ci siano partiti subordinati ad altri. Abbiamo le nostre differenze, ma anche tanti valori comuni, come l’attenzione per i poveri, la difesa della sanità pubblica e la dignità del lavoro. Dobbiamo parlare assieme al popolo progressista.
‘‘ Non farò il comizio finale assieme a Conte e Schlein, questa battaglia è dei sardi