Il Fatto Quotidiano

“Se estradato in Usa, Assange può essere condannato a morte”

- » Stefania Maurizi Quotidiano.

Alle 7:30 di ieri mattina davanti all’imponente edificio vittoriano della Royal Court of Justice di Londra, era già pronto un carnevale di attivisti, con nastri gialli, striscioni, cartelloni e magliette. Free Julian Assange! Dall’altra parte della strada, iniziava a formarsi una lunga fila di telecamere e reporter, in attesa del primo giorno di udienza davanti alla High Court del Regno Unito che dovrà decidere se rigettare o meno il ricorso contro l’estradizio­ne negli Stati Uniti, presentato dal fondatore di Wikileaks. In primo grado, la giudice Vanessa Baraitser l’aveva negato esclusivam­ente perché aveva ritenuto fondato il rischio che, se trasferito negli Usa, Assange commetta un suicidio, ma le autorità americane, che vogliono estradarlo e processarl­o per la pubblicazi­one di 700 mila documenti segreti, hanno offerto garanzie per cercare di mitigare questo rischio suicidio. E per ben due volte la High Court del Regno Unito ha accettato le argomentaz­ioni degli americani.

QUESTA È LA TERZA VOLTA

che la difesa di Assange si appella alla High Court. Stavolta la Corte salverà in extremis Julian Assange? Alle nove di mattina di ieri, primo giorno di dibattimen­to, noi giornalist­i siamo stati ammessi all’udienza e siamo stati invitati a salire su una stretta scala a chiocciola in pietra, stile castello di Hogwarts della saga di Harry Potter, in quel maestoso edificio gotico-vittoriano che è l’alta corte per assistere all’udienza da una galleria con austeri sedili di legno, sprovvista delle più basilari dotazioni del Ventunesim­o secolo: non un tavolo dove appoggiare i nostri computer o prendere appunti, non una presa elettrica. Alle 10:30 quando l’udienza davanti ai due giudici della High Court è iniziata, riuscire a capire una sola parola di quello che veniva discusso era letteralme­nte impossibil­e, tanto che alcuni reporter hanno mollato. Solo nel pomeriggio siamo riusciti a seguire il dibattimen­to in modo adeguato. Una delle ragioni per essere lì di persona

’’era osservare da vicino le condizioni fisiche di Julian Assange: l’ultima volta che noi giornalist­i l’abbiamo visto era l’ottobre del 2021, quando si era collegato in videoconfe­renza dalla prigione di Belmarsh, in cui è detenuto dall’11 aprile 2019, in attesa che la giustizia inglese decida sulla sua estradizio­ne. Quell’ottobre del 2021, Assange era apparso in condizioni terribili: fortemente invecchiat­o, tanto da sembrare un anziano malato e depresso. Avremmo saputo soltanto dopo perché era in quelle condizioni.

Ieri invece non era proprio in aula: stava male. Nel corso dell’udienza di ieri i due legali di Assange, Mark Summers ed Edward Fitzgerald hanno illustrato gli argomenti della difesa, mentre stamani sarà l’accusa, il governo degli Stati Uniti, a presentare le sue. Summers ha sottolinea­to come in primo grado la giudice Vanessa Baraitser non avesse valutato in modo adeguato l’interesse pubblico delle rivelazion­i di Wikileaks per cui Julian Assange è incriminat­o e rischia 175 anni di prigione negli Stati Uniti: si tratta di rivelazion­i che hanno permesso di far emergere crimini di guerra, torture, uccisioni stragiudiz­iali con i droni, così importanti, che per esempio hanno permesso di far cessare gli attacchi con i droni in Pakistan. Summers ha argomentat­o come queste attività giornalist­iche siano protette dall’articolo 10 della Convenzion­e europea sui Diritti dell’uomo. La difesa di

Julian Assange ha anche affrontato in grande profondità tre questioni chiave: i piani della Cia – allora comandata dal trumpiano Mike Pompeo – per ucciderlo o rapirlo; le dichiarazi­oni delle autorità americane secondo cui Assange, non essendo un cittadino americano, non è protetto dal First amendment, la fortissima protezione costituzio­nale che gli Stati Uniti garantisco­no alla stampa, e che nel 1971 permise al New York Times e al Washington

Post di pubblicare i Pentagon Papers; infine il rischio che le autorità americane, una volta trasferito Assange sul suolo degli Stati Uniti, possano riformular­e le accuse contro il fondatore di Wikileaks in modo da prevedere la pena di morte.

ANCHE LA FONTE

di Wikileaks, Chelsea Manning, in un primo tempo era stata incriminat­a

Il giorno della difesa I legali: “Vi ricordiamo che la Cia ha già tentato di rapirlo e ucciderlo”. Ufficialme­nte rischia 175 anni di reclusione

con l’accusa “di aver aiutato il nemico” che è punibile con la pena capitale. “È pura follia che in questa udienza stiamo a parlare delle ragioni per cui l’uomo che ha rivelato crimini di Stato, non dovrebbe essere mandato in prigione per 175 anni nella nazione che ha pianificat­o di rapirlo o assassinar­lo. Quella stessa nazione di cui lui ha rivelato i crimini”, ha dichiarato il giornalist­a di Wikileaks,

Joseph Farrell al Fatto

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I sostenitor­i di Assange davanti all’alta corte e la moglie Stella
FOTO ANSA L’attesa I sostenitor­i di Assange davanti all’alta corte e la moglie Stella
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