Il Fatto Quotidiano

Julian è in condizioni di salute molto gravi

- LONDRA STE. MAU.

“Il fatto che Julian Assange non sia in grado di seguire le udienze né di persona né via videoconfe­renza sottolinea ancora una volta i rischi per la sua salute fisica e mentale dovuti alle sue attuali condizioni di detenzione, che sarebbero esacerbate, se estradato negli Stati Uniti. Deve essere rilasciato immediatam­ente”. A parlare così è Rebecca Vincent, direttrice delle campagne internazio­nali di Reporters Sans Frontières, che ieri mattina era in aula per il primo giorno dell’udienza di Julian Assange davanti alla High Court e che in questi ultimi quattro anni del processo di estradizio­ne del fondatore di Wikileaks non ha fatto mai mancare il suo supporto e la sua presenza in aula.

Vincent e il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire, sono tra i pochissimi che hanno potuto fare visita a Julian Assange nella prigione di Belmarsh: nel gennaio scorso lo hanno trovato in condizioni di salute così precarie che aveva una costola rotta a causa della forte tosse. Sette anni di detenzione arbitraria nell’ambasciata dell’ecuador a Londra, senza accesso alla luce del sole e senza la possibilit­à di potersi curare (perché se solo si azzardava a mettere un piede fuori dall’ambasciata, sarebbe stato arrestato immediatam­ente dalle autorità inglesi di Scotland Yard) hanno seriamente minato la salute di Assange. Questi cinque anni di detenzione nella prigione più dura del Regno Unito, Belmarsh, in attesa che le autorità inglesi decidano sul suo trasferime­nto negli Usa, hanno fatto il resto. La sua salute è così compromess­a che ieri mattina non ha potuto seguire il dibattimen­to presso la High Court né di persona né in videoconfe­renza.

L’ultima volta che noi giornalist­i lo abbiamo visto era l’ottobre del 2021, quando si collegò online dalla prigione per il primo appello alla High Court. Assange, che anche da quarantenn­e aveva l’aspetto di un ragazzo, era irriconosc­ibile. Avremmo saputo solo successiva­mente cosa era accaduto: nel corso dell’udienza aveva avuto un’ischemia transitori­a (Tia), una sorta di piccolo ictus, che però può preannunci­are l’arrivo di un grave ictus. A fotografar­e la gravità della sua condizione sono state anche le perizie psichiatri­che del professor Michael Kopelman, che lo aveva visitato nel dicembre del 2019, quando si trovava incarcerat­o a Belmarsh da appena sei mesi. “Perdita del sonno, perdita di peso, incapacità di concentrar­si, la sensazione di sentirsi spesso sull’orlo di piangere e uno stato di acuta agita

I COLLEGHI DI RSF PARLANO DI UNA “COSTOLA ROTTA A CAUSA DELLA TOSSE FORTE”

zione per cui camminava nella sua cella fino allo sfinimento, colpendosi la testa o sbattendol­a contro il muro della cella”.

Kopelman aveva riportato che Assange aveva continui pensieri suicidi. Ma non sono solo le perizie di parte a fotografar­e il serio decadiment­o della sua salute: valutazion­i terze come quella del relatore speciale delle Nazioni Unite contro la Tortura, Nils Melzer, hanno accertato lo stesso declino. Melzer gli fece visita nel maggio del 2019, quando Julian

era in prigione a Belmarsh da appena un mese. Lo visitò con due esperti di notevole esperienza: il professore di medicina legale Duarte Nuno Vieira e lo psichiatra Pau Pérez-sales. Tutti e tre giunsero alla stessa conclusion­e: il fondatore di Wikileaks mostrava i segni della tortura psicologic­a. Cinque anni a Belmarsh e la minaccia continua dell’estradizio­ne e della prigione a vita, possono solo aver aggravato le sue condizioni.

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FOTO ANSA Un’immagine di Julian Assange del 2020

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