Mosca chiude: “Su Alexej no a indagini internazionali”
Il Cremlino ha rispedito al mittente l’idea di un’indagine internazionale per accertare le circostanze della morte di Alexej Navalny, deceduto in circostanze non chiarite all’alba di venerdì 16 febbraio nella colonia penale siberiana Ik-3. La richiesta era venuta lunedì da Bruxelles, ieri da Washington e da Parigi, che seguono Yulia Navalnaya nel ritenere Putin responsabile per la morte dell’oppositore russo. Gli Stati Uniti vareranno venerdì “importanti” sanzioni contro la Russia, ha annunciato ieri il presidente Joe Biden. Per Mosca, che parla con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, le accuse a Putin sono “infondate e volgari”. Navalnaya ha chiesto ai ministri degli esteri dell’ue di non riconoscere le elezioni russe del 15-17 marzo, che consegneranno al presidente russo il quinto mandato.
SOTTO LA NEVE,
davanti al carcere dov’è morto il figlio, la madre di Navalny Lyudmila ha rivolto un appello diretto a Putin con un video, chiedendo la restituzione del corpo per seppellirlo “in modo umano”. Con lo stesso metodo, nel 2020 Yulia aveva ottenuto il sì al trasferimento di Navalny in Germania dopo l’avvelenamento. Per circa un’ora, ieri, l’account di Yulia Navalnaya su X, aperto solo lunedì, è stato sospeso. Un errore, ha spiegato poi la società di Elon Musk: un “eccesso di zelo” dell’algoritmo che sorveglia lo spam, ed era scattato perché l’account aveva ricevuto tanti follower in poco tempo.
Dalla colonia penale Ik-7 di Omsk dove sconta 25 anni, l’oppositore Vladimir Kara-murza si è detto certo della responsabilità di Putin nella morte di Navalny, come l’altro dissidente Ilya Yashin, che afferma di temere per la sua vita. Il ministero degli Interni russo ha intanto inserito il fratello di Alexej, Oleg, nella lista dei ricercati con nuove accuse non chiarite. Oleg è già stato condannato per le attività con il fratello nel 2014 e nel 2022 (in contumacia).
Alle speculazioni sugli interessi dietro la morte di Navalny si aggiunge un nuovo tassello, dopo l’ipotesi dello scambio di prigionieri. Ucraino stavolta. Il Russian Volunteer Corp, corpo paramilitare di russi che combatte per Kiev, ha rivelato di aver pianificato l’evasione di Navalny per mesi. La cosiddetta “operazione dicembre” doveva scattare durante il trasferimento nella colonia Ik-3, con l’aiuto di alcune guardie carcerarie. Navalny sarebbe stato al confine ucraino e consegnato all’intelligence, ma le misure di sicurezza della struttura sarebbero state troppo “efficaci”. Come prova, il gruppo ha pubblicato la piantina del carcere, foto e filmati di sorveglianza.
Ieri un tribunale russo ha prolungato la detenzione del giornalista del Wall Street Journal Evan Gershkovich fino al 30 marzo. Il giornalista, accusato di spionaggio, è in carcere da quasi un anno e al centro di un negoziato tra Usa e Russia. Sullo stesso WSJ, lo storico dissidente russo e campione di scacchi Garry Kasparov ha accusato duramente a Joe Biden e alleati. “Navalny è stato ucciso da Putin”, scrive, ma anche dai russi troppo pavidi e dall’occidente: “Temo che i politici occidentali preferiscano che i dissidenti siano martiri, mentre negoziano con l’assassino. Biden, Scholz e gli altri dovrebbero tenere il suo nome lontano dalle loro lingue biforcute”. In Bielorussia è morto, in circostanze misteriose, Igar Lednik, attivista e giornalista in carcere dal 2022 per aver criticato Alexander Lukashenko.