Riforma fiscale: meno sanzioni (pure sul penale)
L’obiettivo sbandierato dal viceministro delle Finanze, Maurizio Leo (FDI), era portarlo al Consiglio dei ministri di oggi, ma a ieri sera la certezza a Palazzo Chigi ancora non c’era. Si deciderà quindi stamattina al pre-consiglio, visto che il testo non è ancora chiuso e il lavoro al Tesoro continua. S’intende il decreto attuativo della delega sulla riforma fiscale relativo alle sanzioni amministrative e penali tributarie che dovrebbe riscrivere diverse norme in materia stabilizzando alcune, per così dire, innovazioni già introdotte per la “pace fiscale”, cioè la dozzina di condoni e “condonini” inseriti nella manovra 2023.
Il testo, stando ai rumors, dovrebbe ridurre le sanzioni amministrative e, in alcuni casi, anche quelle penali per determinate condotte in caso di accordo col fisco. Per le prime, l’idea di Leo è di allineare le sanzioni, che oggi possono salire fino al 120-200% dell’importo contestato – livelli definiti dalla relazione illustrativa delle delega come “abnormi” e “intollerabili”
– il più possibile alla media europea del
60%. Un obiettivo che però dovrebbe escludere le ipotesi di illeciti più gravi, come le frodi.
Come si intuisce, un intervento del genere rischia di aprire un buco nei conti dell’erario e di disincentivare, qualora il taglio dovesse essere troppo forte, altri istituti come il ravvedimento operoso. Il punto di caduta è stato oggetto di un lungo lavoro tra l’agenzia delle Entrate e il dipartimento
Finanze.
L’altro intervento rilevante, come detto, dovrebbe riguardare le sanzioni penali. Qui l’idea è che il processo penale dovrebbe seguire quello amministrativo se il contribuente si mette in regola con il fisco. Nel senso che le definizioni del contenzioso (condoni, rottamazioni, accordi vari) saranno vincolanti per il giudice penale. È il meccanismo già scelto a marzo del 2023 con il decreto bollette, quando il governo ha depenalizzato i reati di omesso versamento di ritenute per più di 150 mila euro, omesso versamento di Iva sopra i 250 mila euro e indebita compensazione con crediti non spettanti oltre i 50 mila euro per chi ha aderito ai condoni voluti in manovra (persino se è stato già condannato in primo grado). Si capirà dai testi ufficiali quanto profonda sarà la revisione, al momento si parla soprattutto dei casi di omesso versamento delle imposte. Quasi certamente saranno invece esclusi i reati più gravi come le frodi e le infedeli dichiarazioni. La delega, peraltro, prevede poi un intervento che impedisca di cumulare sanzioni penali e tributarie per la stessa condotta (il cosiddetto ne bis in idem, un vero pallino di Leo), una mossa pensata per smontare la strada tracciata dalla Cassazione. Anche qui, solo i testi definitivi sveleranno la portata delle nuove misure.
Altre novità riguarderanno i crediti d’imposta, dove l’obiettivo è quello di differenziare in base alla gravità delle condotte per i casi di indebite compensazioni, con un inasprimento delle sanzioni per le frodi, garantendo invece chi ha usato un credito realmente esistente ma ha calcolato male la compensazione.
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