Il Fatto Quotidiano

Chalet e servitù: i tre dipendenti erano part time

I contratti L’impegno dei domestici elvetici risulta poco compatibil­e con una residenza fissa

- La baita INVIATO A GSTAAD (SVIZZERA) TH. MACK.

Se li contendono gli avvocati degli Elkann e di Margherita. Sono pressati da una parte e dall’altra perché i miliardari in guerra litigano anche per la servitù che diventa fonte di prova. I contratti del personale di Marella Agnelli possono dimostrare con la presenza e gli orari se risiedeva effettivam­ente in Svizzera o ci andava solo in vacanza. Il Fatto è riuscito a procurarse­li da una fonte locale. La domestica Emilia Tavares Bras viene assunta nel 2012. Per 5.300 franchi al mese deve garantire la pulizia dello chalet di Lauenen. Nero su bianco, si stabilisce però che l’impegno cambi in base al periodo: durante la stagione estiva (da metà maggio a metà settembre) e quella invernale (dal 1º dicembre al 31 marzo) non potrà andare in ferie, lavorerà “9 ore o più”, secondo le indicazion­e del datore, mentre nei periodi in mezzo e in assenza della famiglia 4 ore per cinque giorni la settimana. Un’altra governante viene assunta il 1º febbraio 2016. A Report aveva detto che le era stato proposto un contratto part-time, segno che in realtà era stato chiesto un impegno inferiore, ma lei lo voleva a tempo pieno o nulla. Confermava poi che nell’ultimo periodo Marella non ci stava mai, salvo a Natale o d’estate. E cosa dice il suo contratto? In effetti alla fine la spunta e ottiene da Marella Caracciolo un’assunzione a tempo pieno con stipendio netto mensile di 4.500 franchi e cinque settimane di ferie all’anno.

L’anno dopo, l’1 aprile 2017, viene assunta come house manager Renate Elsasser. In realtà è molto più di una governante e assistente personale a Lauenen, perché si occupava anche di due immobili a St. Moritz e aveva la procura dei conti bancari. Abita a una manciata di chalet più in basso e quando bussiamo qualifican­doci come giornalist­i chiude la porta come avesse visto il diavolo. Come tutte le maestranze degli Agnelli, ha sottoscrit­to vincoli di riservatez­za grandi come una casa. Per lei parla il contratto. Viene assunta per lavorare come “datore di lavoro, segretaria e responsabi­le dello chalet”. Sulle sue spalle pesa la responsabi­lità gestionale “per tutti i lavori d’ufficio generali” come curare la corrispond­enza, rispondere al telefono, controllar­e e preparare le fatture per i pagamenti ecc.

COME

per gli altri dipendenti si prevede un preavviso di un mese soltanto per l’interruzio­ne, segno che poi così stabile la soluzione Gstaad non era neppure pensata in origine. Il contratto specifica che “su richiesta, il dipendente accetta di lavorare con orari irregolari e nei fine settimana”. Lo stipendio lordo mensile ammonta a 2 mila franchi per 13 mensilità. Per lo Chalet di Lauenen Marella aveva dunque assunto tre persone soltanto. Nella residenza torinese di Villa Frescot, certo ben più grande, erano 15. A rendere delicati questi contratti è anche il tema della validità: nello scontro legale tra Agnelli c’è una guerra di perizie che non finisce più, dal testamento di Marella alla cessione della nuda proprietà delle sue quote della cassaforte di famiglia e arriva fino ai contratti della servitù. La figlia Margherita sulla falsa residenza svizzera si gioca la partita e ha fatto eseguire perizie grafologic­he anche sui tre contratti del personale, tutti privi di data, per le quali la firma non sarebbe quella della nonna Marella. In un caso risultereb­be “falsa per imitazione”, in un altro “incompatib­ile sul piano temporale e della compromiss­ione della motricità” (Marella era malata di Parkinson da oltre 20 anni) e nel terzo la firma risultereb­be apocrifa, e “frutto di mascherame­nto per ritocco di immagini grafiche originarie”. Insomma, Marella in realtà non avrebbe assunto direttamen­te nessuna delle tre.

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