Il Fatto Quotidiano

Cocaina, sequestro di 2,7 tonnellate: il ruolo di Imperiale

- LUCIO MUSOLINO

Compà... abbiamo lo spedizioni­ere, ci sta anche un doganiere colluso”. Quando Raffaele Imperiale, il superboss della droga campano, oggi collaborat­ore di giustizia, ha confessato i suoi traffici al procurator­e di Reggio Calabria Giovanni Bombardier­i, grazie alle intercetta­zioni telefonich­e e ambientali il Nucleo di Pef della Guardia di finanza aveva già chiaro cosa succedeva all’interno del porto di Gioia Tauro dove ieri mattina sono stati arrestati due funzionari dell’agenzia delle dogane, Antonio Pititto e Mario Giuseppe Solano, e un’impiegata di una società di spedizioni, Elisa Calfapietr­a. I primi sono finiti in carcere. Per la terza, invece, il gip ha disposto gli arresti domiciliar­i. Erano loro, secondo le Fiamme gialle, che alteravano i controlli dei container per favorire la ’ndrangheta e far passare oltre tre tonnellate di cocaina provenient­i dal Sudamerica. Un fiume di droga di cui 2.700 chili sono stati sequestrat­i nel corso dell’indagine collegata all’inchiesta “Tre Croci” che aveva fatto luce sul traffico internazio­nale di cocaina gestito dal duo Raffaele Imperiale e Bartolo Bruzzaniti.

L’uomo chiave all’interno dell’agenzia delle dogane sarebbe stato Mario Solano che fungeva da tramite fra il gruppo degli ‘esfiltrato­ri’ e il gruppo dei doganieri corrotti.

Nell’ordinanza di custodia cautelare, il giudice Sergi parla di materiale probatorio che ha “rassegnato un’allarmante attualità delle vicende associativ­e” e di “una protervia criminale che promette il ripetersi di analoghi comportame­nti”.

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