Regeni, legali degli 007 ci riprovano: “Dubbi su torture”. Genitori: “Sofferenze innegabili”
“Aspettavamo questo momento da otto anni”, dicono, visibilmente emozionati, Claudio Regeni e Paola Deffendi, genitori di Giulio Regeni, ucciso nel febbraio 2016 al Cairo. Proprio ieri, in Corte d’assise a Roma, ha preso il via l’atteso processo ai quattro 007 egiziani accusati, a vario titolo, del sequestro, delle torture e dell’omicidio del ricercatore italiano. Un dibattimento possibile grazie alla sentenza della Corte costituzionale del 26 ottobre 2023, che permette di procedere in assenza degli imputati, quattro 007 della National Security egiziana, nonostante le autorità del Cairo abbiano impedito per anni la notifica degli atti. Non sarà però una passeggiata. Già ieri i legali d’ufficio degli imputati hanno presentato quattro eccezioni su cui il giudice si pronuncerà il 18 marzo. In primis, per l’avvocato Tranquillino Sarno, essendo venuto alla luce un “fatto nuovo” – la sentenza della Consulta, appunto – ci sarebbe la necessità di effettuare una nuova notifica al governo egiziano. Contestata poi la certezza dell’identità fisica degli imputati e, infine, l’indeterminatezza dei capi d’imputazione rispetto ai fatti contestati. Al centro di due delle quattro eccezioni c’è la definizione di “tortura”, reato chiave su cui si basa la deroga della Consulta. Perché – si chiedono i legali – i tre presunti sequestratori dovrebbero essere processati se la Consulta basa la sua sentenza sul reato di tortura? E poi, come mai il capo d’imputazione per l’unico accusato delle sevizie e dell’omicidio, Magdi Sharif, “non corrisponde” alle fattispecie della Convenzione di New York del 1988 (citata dalla Consulta)? Eccezioni sollevate dai legali contro le quali il pm Sergio Colaiocco ha già depositato una serie di atti al fine di smontarle. A iniziare dai verbali dei giudici egiziani – che al Cairo hanno già processato e assolto i quattro – dove le generalità degli agenti sono dettagliate: per il pm, si legge nelle 2 pagine depositate ieri, è “possibile esser certi in caso di condanna (...) la esecuzione nei confronti di persona individuata con certezza”. Per la definizione di “tortura”, invece, il pm ha depositato le motivazioni del gip che aveva già risposto ai dubbi delle difese, ritenendo il sequestro di Regeni funzionale alle torture (“negare questa sofferenza è quantomeno discutibile”, hanno detto in aula i legali della famiglia). Le parti civili hanno infine prodotto articoli di stampa per dimostrare che il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha già informato il presidente egiziano Al-sisi dell’avvio del processo.