Il successo di Bibi: pacificare i musulmani
Bibi Netanyahu è riuscito, suo malgrado, a compiere un’impresa pacificatrice, ma a beneficio dei Paesi che lo stanno accusando di genocidio a Gaza: Iran e Turchia. Non solo, ha contribuito in modo decisivo a ricomporre le fitne in corso da secoli all’interno del mondo islamico. Le spaccature, (fitne in arabo, ndr) sono essenzialmente due: tra sunniti e sciiti e, in ambito sunnita, tra Fratellanza Musulmana e Waabismo.
Mentre il premier israeliano ritirava la propria delegazione dal tavolo dei colloqui in corso al Cairo per il cessate il fuoco nella Striscia, proprio nella Capitale egiziana il giorno di San Valentino è atterrato l’autocrate turco Recep Tayyip Erdogan per incontrare Abdel Fatah al-sisi, colui che per anni aveva definito un “tiranno sanguinario”. A seguito della crisi diplomatica decennale innescata dalla sanguinosa deposizione nel 2013 dell’ex presidente egiziano Mohamed Morsi – membro di spicco della Fratellanza Musulmana di cui Erdogan è leader – da parte dell’allora generale Sisi, i colloqui bilaterali tra Egitto e Turchia che si sono svolti al Cairo segnano il ristabilimento definitivo delle relazioni tra i due big del Mediterraneo orientale.
IL CONTESTO ECONOMICO
e politico sempre più difficile all’interno della regione ha spinto Ankara e il Cairo ad avvicinarsi. Con il pretesto di una cooperazione per fermare la carneficina dei civili gazawi, Egitto e Turchia si sono infatti impegnati a diventare partner in vari campi, specialmente energetico, militare e commerciale con l’obiettivo di aumentare gli scambi da 10 a 15 miliardi di dollari entro i prossimi cinque anni. Il ristabilimento dei legami con la Turchia può avvantaggiare l’egitto rafforzando la sua indebolita economia e migliorando le sue capacità militari attraverso la collaborazione su tecnologie di difesa avanzate. Le concessioni fatte dal Sultano, va sottolineato, al Faraone sono di vario genere, a partire dalla cancellazione del sostegno all’opposizione egiziana in esilio a Istanbul.
Anche tra i due “ex” arci-nemici storici leader del mondo sunnita e sciita, rispettivamente Arabia Saudita e Iran la cooperazione sta progredendo velocemente. Dopo la storica visita dello scorso 13 novembre del presidente iraniano Ebrahim Raisi al principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman – grazie alla riapertura dei canali diplomatici propiziata dalla Cina – a Riad, c’è stato un altro notevole passo verso un’intesa cruciale per entrambi i paesi. Il ministro della Difesa iraniano Mohammad Reza Ashtiani ha rivelato al termine di un colloquio a Teheran con l’ambasciatore saudita Abdullah bin Saud al-anzi che gli ayatollah sono pronti a tenere colloqui sulla sicurezza e la difesa con l’arabia Saudita e gli Stati litorali del Golfo Persico. “È necessario che i Paesi musulmani, soprattutto i Paesi più importanti della regione, prendano una posizione più decisa e coordinata”, ha sottolineato il ministro iraniano a proposito della crisi di Gaza. L’ambasciatore saudita dopo essersi detto d’accordo ha chiesto lo sviluppo della cooperazione bilaterale nel campo della difesa e della tecnologia. L’arabia Saudita a livello militare è sempre stata un pigmeo rispetto all’iran. Con tanti saluti e ringraziamenti a Bibi.