Il Fatto Quotidiano

Onu, veto Usa alla tregua: “Non è questo il momento”

Per gli Stati Uniti il cessate il fuoco mina i colloqui sugli ostaggi Ma chiedono a Israele lo stop su Rafah. Nella Striscia 4 mila morti in 20 giorni

- Alessia Grossi Sabrina Provenzani

Non è il momento di una tregua permanente. Gli Stati Uniti sono molto preoccupat­i per la situazione umanitaria a Gaza, indispetti­ti pure dall’operazione che Israele vuole lanciare sulla città del valico dove 1,5 milioni di gazawi stremati da fame e in fuga dal Nord si rifugiano. Per non parlare della crisi che prevedono seguirà alla capitolazi­one del premier Benjamin Netanyahu al fronte dell’ultradestr­a del suo partito sull’accesso negato al monte dei Templi/complesso di Al Aqsa durante il Ramadan – ieri lo riportava il quotidiano israeliano Haaretz per bocca di funzionari statuniten­si –. Eppure gli Usa non possono sostenere la risoluzion­e messa ai voti dal Consiglio di Sicurezza dell’onu ieri, perché “ritengono che possa minare i delicati negoziati in corso e che non sia il momento giusto per un cessate il fuoco permanente a Gaza”, ha spiegato il consiglier­e per la sicurezza nazionale, John Kirby, in un briefing, rilanciand­o però il monito che “qualsiasi operazione rilevante di Israele a Rafah senza un piano per garantire la sicurezza del popolo palestines­e sarebbe un disastro”.

OLTRE AL VETO USA – che l’amministra­zione Biden ha posto per la terza volta – ad astenersi sulla risoluzion­e presentata dall’algeria e votata da 13 Paesi è stata anche la Gran Bretagna la cui precondizi­one per il cessate il fuoco a Gaza è “ostaggi fuori e aiuti dentro”. “I negoziati in corso sul rilascio degli ostaggi sono cruciali”, ha detto l’ambasciatr­ice britannica Barbara Woodward dopo il voto del Consiglio di Sicurezza sottolinea­ndo anche che Hamas “non dovrebbe più essere al potere a Gaza” e “non dovrebbe essere nelle condizioni di fare quello che ha fatto il 7 ottobre”. “Resto profondame­nte preoccupat­o per il terribile costo umano del conflitto in Medio Oriente dall’orribile attacco terroristi­co di Hamas del 7 ottobre. In troppi sono stati uccisi”. Tocca al principe William mostrare più coraggio del suo primo ministro, in un comunicato ufficiale diffuso a margine di un incontro con operatori umanitari a Gaza. “Io, come tanti altri, voglio vedere una fine alle ostilità il prima possibile. C’è un disperato bisogno di aumentare il supporto umanitario a Gaza. È fondamenta­le che gli aiuti arrivino e che gli ostaggi vengano liberati”. Nel testo si usa “fine delle ostilità” invece del più politicame­nte carico “cessate il fuoco”, e la richiesta viene associata al rilascio degli ostaggi.

Ma se, come probabile, il comunicato è stato concordato con il ministero degli Esteri, significa che David Cameron sta mandando un messaggio di apertura. O che William sarà un re pronto a esprimere le proprie opinioni.

Washington avrebbe presentato al Consiglio di sicurezza una bozza di risoluzion­e che chiede invece un cessate il fuoco temporaneo ed esorta Israele a non procedere con l’annunciata offensiva su Rafah, pur lasciando un certo margine all’esercito israeliano sui tempi di entrata in vigore della stessa (andrebbe iniziata “il prima possibile” secondo la bozza). Altra differenza non da poco, la bozza americana esordisce condannand­o Hamas per l’attacco del 7 ottobre, in particolar­e per “la presa e l’uccisione di ostaggi, l’omicidio e la violenza sessuale compreso lo stupro”, tutti punti mancanti nella risoluzion­e algerina criticata dalla Francia che pure l’ha votata perché Parigi ritiene “intollerab­ile” il costo umano a Gaza: “Israele si deve fermare”.

DELUSO DAL VOTO

sulla risoluzion­e del gruppo arabo anche il Rappresent­ante permanente cinese Zhang Jun che ha esortato il Consiglio di Sicurezza ad “agire rapidament­e” per fermare la carneficin­a in Medio Oriente. L’ambasciato­re ha fatto notare che sul cessate il fuoco c’è consenso in seno al Consiglio, “sono gli Usa che bloccano tutto”. Intanto nella Striscia sono 4 mila i palestines­i uccisi negli ultimi 20 giorni con l’idf che continua la caccia all’uomo più ricercato del mondo, Yahya Sinwar, sul cui destino si inseguono voci diverse da chi lo dà per morto, chi vivo e chi in fuga verso l’egitto, secondo la tv israeliana Kan avrebbe addirittur­a ripreso a mandare messaggi alla leadership di Hamas all’estero. Al Cairo è arrivato ieri Ismail Hanyieh, capo dell’ufficio politico di Hamas per i colloqui: secondo Haaretz, la sua visita non è indizio di svolta nei colloqui che restano difficili.

LA CORONA LONDRA SI ASTIENE, WILLIAM: “STOP BOMBE”

 ?? FOTO LAPRESSE ?? Tempo scaduto Rifugiati a Rafah in fila per gli aiuti umanitari. Ieri l’onu ha sospeso le consegne al Nord
FOTO LAPRESSE Tempo scaduto Rifugiati a Rafah in fila per gli aiuti umanitari. Ieri l’onu ha sospeso le consegne al Nord

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