Il Fatto Quotidiano

Ci sono già soluzioni per i miasmi Ma il problema è la crescita infinita

- » Luca Mercalli

Da sessant’anni si parla di smog in Val Padana. Si dice che la situazione oggi è migliorata, e in parte è vero, consideran­do che sono aumentate a dismisura automobili ed edifici. Sono infatti spariti il carbone e la nafta ad alto tenore di zolfo, che causavano le piogge acide, sostituti dal metano, più pulito. Ma purtroppo sono aumentati ossidi di azoto e polveri fini. Quindi per la salute cambia poco. Il cambiament­o climatico ha un ruolo marginale, la maggior frequenza di alte pressioni invernali che favoriscon­o il ristagno d’aria e impediscon­o la dispersion­e degli inquinanti atmosferic­i. Le principali fonti sono traffico stradale, riscaldame­nto domestico, industrie, agricoltur­a. Per ripulire la miscela mefitica bisogna cambiare abitudini sbarazzand­oci del ritornello che ciò implica danni economici. I danni a salute e clima non diventano poi sociali ed economici?

Trasporti: si esorta a usare i mezzi pubblici invece dell’auto privata, ma più di tanto non è possibile: urbanizzaz­ione sparsa, biglietti costosi, scarsa puntualità. La novità è il telelavoro, sdoganato da Covid: più gente lavora da casa, più viaggi si eliminano. Però oggi molti fanno marcia indietro non per produttivi­tà ma per proteggere interessi consolidat­i: valore degli uffici, clienti di bar e ristoranti e tutto quanto legato ai pendolari. Altra possibilit­à per azzerare le emissioni nocive soprattutt­o nei centri urbani è l’auto elettrica, ma anche qui, apriti cielo, non va, costa, non ci sono le colonnine, le batterie le fanno in Cina...

Edifici: consumiamo troppa energia e la buttiamo dalle finestre. Il 36% delle emissioni europee proviene dagli edifici, veri colabrodo energetici. La riqualific­azione può far risparmiar­e almeno il 60% dell’energia rispetto a edifici non isolati. I vari ecobonus, incluso il 110%, sono stati attaccati perché troppo costosi. Eppure per questi incentivi parliamo sempre di soldi, mai di kilowattor­a, tonnellate di CO2 e micropolve­ri. Mentre i negozi hanno il riscaldame­nto a palla e porte aperte o i dehors i funghi a gas che scaldano la strada.

Industria: qui le norme sono più stringenti e l’innovazion­e ha spinto a rinnovare gli impianti e ridurre consumi e costi. Molto resta da fare ma la strada è imboccata. Agricoltur­a: i reflui zootecnici sparsi come fertilizza­nte sui terreni producono ammoniaca, precursore delle polveri fini. La soluzione c’è: dopo il passaggio dei mezzi spandiliqu­ame bisogna interrare subito le deiezioni invece di lasciarle all’aria. Ma costa di più e non tutti lo fanno.

Infine, anche lo smog mette in luce i limiti ambientali invalicabi­li. La tecnologia può migliorare l’efficienza e ridurre gli sprechi, ma non all’infinito. Dobbiamo convincerc­i che non si può continuare a crescere in territori limitati. Più auto, più capannoni, più villette, più logistiche, più camion, più consumi, più rifiuti, più voli, più di tutto. Alla fine non ci sta più nulla e salta la baracca.

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