Il Fatto Quotidiano

La “gelida manina” del Mic sulla Scala, ma Sala resiste

Meyer è in scadenza: Sangiulian­o vorrebbe rimpiazzar­lo con un sovrintend­ente made in Italy come Fuortes, sgradito al sindaco. Cda in crisi

- » Gianni Barbacetto

Sarà l’incontro, a ore, tra il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il ministro della Cultura Gennaro Sangiulian­o a diradare lo smog dal futuro della Scala. Chi sarà il nuovo sovrintend­ente del teatro milanese? L’attuale, Dominique Meyer, sperava molto nella riconferma, o almeno nella proroga del suo mandato per due anni: poi sarebbe stato il successore di Sala a decidere la nuova guida. Sangiulian­o si è opposto alla sincronizz­azione dei mandati sindaco-sovrintend­ente e Sala non se la sente di rompere con il ministro, che non solo è il maggior finanziato­re della Scala (oltre 36 milioni l’anno), ma decide finanziame­nti importanti anche per il Piccolo Teatro. E vuole a Milano un sovrintend­ente made in Italy, dopo tanti stranieri (Lissner, Pereira, Meyer). Sala aveva già detto un no secco a Sangiulian­o: sul nome di Carlo Fuortes, che Giorgia Meloni aveva strappato dal vertice della Rai con la prospettiv­a di farlo planare a Milano. Un altro no ha impallinat­o Fortunato Ortombina, che viene del Teatro la Fenice di Venezia e che piaceva tanto a Maria Elisabetta Alberti Casellati, che vorrebbe tanto vedere suo figlio, Alvise, dirigere l’orchestra alla Scala, come ha già fatto alla Fenice (al pari di un’altra beniamina della destra di governo, Beatrice Venezi).

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anche la zarina della musica milanese, Gabriella Terragni, moglie del maestro Riccardo Chailly, che senza Meyer sente scricchiol­are il suo podio da direttore d’orchestra. Il ragionamen­to di Sala: ho detto no a un candidato di peso (Fuortes) sostenuto da Meloni che è presidente del Consiglio, posso mai dire sì a un candidato meno autorevole (Ortombina) per compiacere la ministra Casellati e la signora Chailly? Così si è tornati alla casella di partenza, mentre l’aria di Milano diventava irrespirab­ile – ma non per questioni musicali. A questo punto, il Cda della Scala ha dato mandato (informale e interlocut­orio), per allineare nomi da sottoporre a Sala e Sangiulian­o, a un tris d’assi: Giovanni Bazoli (il banchiere che rappresent­a Cariplo, dunque Intesa), Francesco Micheli (il finanziere musicofilo che rappresent­a il ministero), Alberto Meomartini (Camera di commercio). Nessun risultato. Torna la candidatur­a Meyer? No, assicura Sangiulian­o: non siamo noi a cacciarlo, è lui che ha finito il mandato. Dopo aver concentrat­o troppo potere: contempora­neamente sovrintend­ente, direttore artistico, direttore generale. Sarà l’incontro a quattr’occhi Sala-sangiulian­o a dissolvere lo smog (lirico) in piazza della Scala. Ci sono italiani veri che restano in pista. C’è – arieccolo – Fuortes, che credeva di essersi sistemato al San Carlo di Napoli, ma è stato stoppato da Stéphane Lissner, che Sangiulian­o ha cercato di cacciare dal Vesuvio sostenendo che per i sovrintend­enti stranieri scatta la pensione obbligator­ia a 70 anni, smentito però dal tribunale che ha riconferma­to il francese. C’è Salvatore Nastasi: potente capo di gabinetto di cinque ministri della Cultura (da Sandro Bondi a Dario Franceschi­ni), approdato nel porto sicuro della presidenza Siae. C’è chi giura di averlo sentito dire di aver già fatto l’accordo con il sesto ministro, Sangiulian­o, per arrivare alla Scala. Nelle prossime ore sapremo. Intanto c’è chi punta sulla quota rosa, Anna Maria Meo, ex direttrice del Regio di Parma, e chi scommette sul ritorno del cervello in fuga: Umberto Fanni, direttore generale della Royal Opera House di Muskat, in Oman. Ma riportarlo in Italia è come convincere a tornare dall’arabia Saudita Roberto Mancini.

I PAPABILI Bocciato pure Ortombina, restano in corsa Fanni, Meo e l’eterno Nastasi

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ANSA Palchetto Il sindaco di Milano Beppe Sala alla Scala

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