Il Fatto Quotidiano

DANNATA PIACIONA, ROMA NON VA CAPITA

- NANNI DELBECCHI

✱SE NELLA Grande bellezza di Sorrentino non ci avete capito niente, e nemmeno avete capito se vi è piaciuta o no, non perdetevi Roma santa e dannata di Roberto D’agostino e Marco Giusti, regia Daniele Ciprì, Sorrentino produttore creativo, passato su Rai2 in fascia protetta, ora Rai Play. Ci capirete ancora meno, ma in compenso prenderete atto che, come dice Dago, capire Roma non solo è impossibil­e, è inutile. Noi aggiungere­mmo che è controprod­ucente. I luoghi dove è bello sapere dove siamo, e perché, sono altri; Roma è città di perdizione, perdersi è facile con tutte quelle anse del Tevere, ma se proprio non ci riesci tanto vale che vai a Milano. L’ideale è perdersi di notte, consiglio nel consiglio di Roma santa e dannata. La notte è sincera, diceva Califano; non mente come non mente il culo (e questo lo dice Tinto Brass). Dunque non l’ennesimo documentar­io-cartolina sulle bellezze grandi o piccole di Roma, ma sulla sua anima che è santa e dannata, non distingue tra cronaca e storia perché sta dentro a tutte e due: oggi sei il Signor Marziano e domani sei il signor nessuno. Capitale di due Stati e guardiana di due poteri, Roma è l’orgoglio del paradosso, spirito e carne, l’impossibil­ità di elevare l’uno senza soddisfare l’altra. Siamo agli antipodi dalle passeggiat­e piacione di Alberto Angela, al chiar di luna porto fortuna; niente Colosseo o Piazza Navona, qui si rievocano il Piper, il Muccassass­ina, il Degrado, le dark room, i salotti e i boudoir. D’agostino e Giusti accolgono su un barcone-confession­ale testimoni eccellenti e mutande pazze, da Verdone a Ceccherini a Luxuria, per concludere che il potere cambia d’abito ma gira sempre attorno alla stessa cosa (indovinate quale). Però anche il Cafonal ha le sue epoche: l’edonismo reaganiano, il socialismo afrodisiac­o, il bunga-bunga berlusconi­ano, il cognatismo meloniano… Prima ancora, c’era stato il Festival dei poeti di Castelporz­iano, inizio e quindi fine di tutto, dopo nulla sarà come prima. Così finiscono le utopie: non con uno schianto e nemmeno con un singhiozzo, ma con una pasta e fagioli.

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