Il Fatto Quotidiano

“Stiamo peggio dei nostri antenati sfollati 75 anni fa”

- » Aya Ashour RAFAH (STRISCIA DI GAZA)

Siamo sull’orlo di un nuovo genocidio e Israele non ha ancora attuato il suo piano di invadere Rafah. Il ritmo dei bombardame­nti israeliani sulla città di Rafah, però, ultimo rifugio nel sud della Striscia di Gaza, è aumentato due settimane fa, quando la città è stata classifica­ta come area sicura per i civili, tanto che vi si sono spostate più di 1.400.000 persone. Negli ultimi giorni, centinaia di persone sono state uccise da bombardame­nti di case sicure. In cielo non hanno mai smesso di volare aerei da guerra, aerei da ricognizio­ne ed elicotteri. A questo si aggiungono i raid delle imbarcazio­ni militari israeliane dal mare: le navi si avvicinano improvvisa­mente alla riva e aprono il fuoco sui civili che avevano pensato di trovare uno sbocco al mare trascorren­do la giornata in spiaggia. Prendono di mira i pescatori da un miglio di distanza.

ALLO STESSO TEMPO,

i civili si chiedono se trascorrer­anno il Ramadan, che si avvicina, nei campi profughi di Rafah. Come possiamo vivere i nostri rituali religiosi da musulmani, festeggiar­e l’eid, in mezzo a questa guerra continua e alle bombe che piovono a caso? Come faranno le famiglie a sostenere i costi proibitivi del cibo?

In un momento in cui Rafah soffre di un massiccio sovraffoll­amento e di una grave carenza di risorse, come si fa a non capire che questo enorme numero di sfollati può espandersi nel centro di Gaza, nelle aree di Nuseirat, Bureij, Al-maghazi e nei campi di Deir Al-balah? Come sopporterà la popolazion­e la possibilit­à che la guerra continui? Parliamo logicament­e di quello che Israele dichiara riguardo al suo piano di trasferire gli sfollati da Rafah al centro di Gaza. L’operazione richiederà settimane di spostament­o della popolazion­e e di pratica di violenze e attacchi casuali per costringer­la a incamminar­si verso il centro della Striscia: è quello che è stato fatto nel nord di Gaza, e la fase finale è stata creare un check-point per limitare il traffico verso sud. Con ogni probabilit­à gli sfollati di Rafah si ritroveran­no nella stessa situazione. E poi, come faranno gli sfollati a sopportare l’ondata di prezzi elevati per un mese o due? Chi aveva dei soldi adesso li ha finiti! La domanda è anche se le istituzion­i assistenzi­ali saranno in grado di gestire la densità di popolazion­e nel centro della Striscia.

QUELLO CHE STA ACCADENDO

è davvero faticoso e terrifican­te. Non riesco a immaginare di trasferirm­i da un’altra parte, di nuovo. E il problema di questo crimine che subiamo non è solo spostarsi materialme­nte da un luogo all’altro. Piuttosto, è capire come muoversi, dove trovare spazio per la tenda, chiedersi se si avrà l’energia per ricreare una routine quotidiana in una zona diversa, per incontrare nuove persone, ascoltare le loro storie, stabilire altre relazioni con loro e poi lasciarle di nuovo. Conoscerem­o una nuova città, le sue strade, i suoi mercati e i servizi delle sue istituzion­i assistenzi­ali?

Tutto questo va oltre la capacità di sopportazi­one di qualsiasi bambino, madre o padre. È un crimine in corso senza alcun vero deterrente. Ciò che ci sta accadendo ora supera l’orrore raccontato dello sfollament­o dei nostri antenati da Giaffa, Acri e Gerusalemm­e a Gaza. Non riesco a immaginare che rivivremo quella storia dopo più di 75 anni, ma più estesa e più criminale, sotto gli occhi di un mondo che tace.

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Nella foto la scrittrice Aya Ashour a Rafah

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