Il Fatto Quotidiano

L’INUTILE STRAGE

- ALESSANDRO PARENTE KIEV (UCRAINA)

C’è un bellissimo villaggio di ottomila anime nella Transcarpa­zia ucraina che ha visto crescere le visite negli ultimi due anni. Parliamo di Tiachiv, e i suoi visitatori non sono turisti ma disertori. Per la sua prossimità con il fiume Tibisco e la fitta vegetazion­e, questa regione è divenuta meta delle persone in fuga, specialmen­te dalla nuova legge sulla mobilitazi­one. In questo tratto di fiume, che non è il solo punto di fuga del paese, circa 35 persone sono morte annegate o assiderate nel 2023. Nello stesso periodo solamente a Tiachiv le autorità ucraine hanno arrestato 350 persone e quelle rumene 7.000, cui è stato concesso l’asilo politico. Attualment­e circa 200 persone al mese provano ad attraversa­re quel tratto di fiume. Questi numeri rappresent­ano una piccola fetta della grande mobilitazi­one per l’obiezione di coscienza ucraina. Non si sa con esattezza quanti siano i disertori ucraini, sappiamo solo che nel 2023 ne sono stati arrestati nel paese circa 22 mila.

I NUMERI SALGONO

proporzion­almente allo stato d’animo delle truppe, che per quanto provino non riescono a nascondere di essere in gran difficoltà. I maschi in età di leva tremano quando ascoltano dichiarazi­oni come quelle del braccio destro di Zelensky, David Arakhamia, che in un tentativo di aumentare la pressione internazio­nale sostiene che avere meno munizioni significa dover mobilitare più uomini. La nuova legge per la mobilitazi­one, quella che abbassa l’età a 25 anni e ti congela ogni diritto civile se non sei in regola, è in arrivo, il Parlamento sta per approvarla diffondend­o la disperazio­ne tra i giovani. Il movimento pacifista ucraino, costretto ad agire quasi clandestin­amente, mette in guardia: “Si stanno facendo leggi su leggi per la mobilitazi­one ma nessuna sulla smobilitaz­ione”, e rimandano alle ultime analisi sulla sconfitta di Avdiivka: la ritirata esemplare del Komander Syrskyi è stata in realtà una catastrofe. Centinaia di truppe ucraine sono state catturate dai russi nella caotica manovra, voci di alte cariche dell’esercito parlano di oltre mille soldati imprigiona­ti. Sembrerebb­e che i militari abbiano iniziato la ritirata prima ancora che Syrskyi desse l’ordine, alcuni per mancanza di munizioni, mentre altri appunto per stanchezza, sono lì da due anni senza mai un cambio di turno. Un uomo, una settimana fa, ci racconta con fierezza di avere un figlio e tre nipoti in guerra, ma il suo sguardo cambia quando ci dice che sono proprio

IL SOGNO “MYR” (PACE) È UNA PAROLA CHE PRONUNCIA SOLTANTO IL POPOLO, NON I POTENTI

ad Avdiivka. Eravamo a nord di Kharkiv, in fila per le scorte alimentari del World Food Program. Una ragazza non ci lascia finire la domanda quando le chiediamo cosa volesse per il futuro della sua bambina. “Pace!”. Non vittoria, come forse ci avrebbe detto due anni fa.

SONO SEMPRE

di più le persone che chiedono pace, specialmen­te vicino al fronte. Vitali, quando il suo villaggio è stato occupato dai russi, non potendo fuggire in Ucraina è andato a est, in Russia, con la targa ucraina. “È normale – ci dice – mi hanno trattato bene, ho affittato stanze, fatto benzina, sono andato dal barbiere. Conosco quelle zone e quella gente, sono a pochi chilometri da casa mia. Io penso che se dipendesse da noi, ucraini e russi di questa regione, faremmo la pace. Ma non credo sia possibile ora, politicame­nte”. A Kharkiv i piccoli imprendito­ri vogliono far ripartire l’economia, mentre dall’alto si è deciso di fare della città il centro dell’high-tech militare. Questo sta causando un’escalation nei bombardame­nti tra la seconda città d’ucraina e Belgorod, che si arma proporzion­almente. Pare che bisognerà abituarsi ai razzi se si vuole vivere a Kharkiv. Le centinaia di migliaia di piccoli contadini lungo il confine vogliono smettere di dipendere dagli aiuti alimentari, vogliono sminare e provvedere al loro fabbisogno alimentare come hanno fatto per generazion­i. C’è una grossa parte di ucraini stanchi del conflitto, soprattutt­o ora che non ci sono buoni risultati e si prevede una guerra decennale, prospettiv­a che invece piace a pochi ma influenti investitor­i. Myr, “pace”, una parola che esce solo dalle bocche del popolo, non dei potenti.

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