Una scossa per Chigi, il tracollo di Calenda e del Salvini nazionale
Che il vento sia “cambiato” con il voto in Sardegna, come sostenuto a Cagliari da Elly Schlein, è tutto da vedere. Ma un po’ di cose il voto le ha smosse, alcune in modo ancora parziale, altre in modo eclatante, come l’illusione salviniana di farsi partito nazionale.
Un primo elemento del voto è che è stato messo in crisi il “tocco magico” di Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio, immaginata finora capace di drenare solo consensi, ha perso una partita personale. È stata lei a inserirsi nella partita sarda, lei a scegliere il candidato più fidato, appartenente a quella “generazione Atreju” cui sembra debbano appartenere gli incarichi più delicati, lei a far fuori il presidente uscente Christian Solinas, alleato di ferro di Salvini.
La controprova del suo ruolo è data dalla stessa dichiarazione con cui fa gli auguri ad Alessandra Todde: “Le sconfitte sono sempre un dispiacere, ma anche un’opportunità per riflettere e migliorarsi. Impareremo anche da questo”. Un segnale di disponibilità al dialogo, forse, che i suoi alleati attendevano. E che la lider maxima sia stata colpita in prima persona dalla sconfitta si deduce anche dalla cura di Paolo Truzzu a soccorrerla: “La responsabilità è mia: se ho perso di 2.000 voti e nella mia città lo scarto con Todde è di 13 mila preferenze, il conto è presto fatto”, ha dichiarato il candidato del centrodestra attirando su di sé l’attenzione. Eppure, quanto accaduto in Emilia-romagna nel 2020 con la politicizzazione del voto voluta da Salvini avrebbe dovuto allertare Meloni che invece, con la sua presenza anche al comizio finale, diversamente da Todde che non ha voluto presenti Giuseppe Conte ed Elly Schlein, ha seguito la stessa strada.
Ma quello che il centrodestra non può nascondere è lo scarto enorme tra il distacco che Todde ha inflitto a Truzzu, 2.625 voti (quando mancano una ventina di sezioni da scrutinare) e quello che liste di centrodestra hanno inflitto agli avversari: 43.153 voti. Si tratta di oltre il 6%, gli stessi voti, per intendersi, presi da Forza Italia. La spia evidente che una parte del centrodestra non ha votato Truzzu e ha votato per Todde.
Nella disamina dei voti va poi ricordato che l’affluenza al voto è scesa anche questa volta nonostante nella giornata di domenica si prefigurasse un aumento dell’affluenza che alla fine è diminuita di 23 mila elettori rispetto al 2019. Sul piano delle liste a uscire maggiormente battuti sono la Lega di Salvini e il Partito sardo d’azione: la prima passa dall’11,4 al 3,7% e il secondo dal 9.9 al 5,4%. La Lega ottiene un solo seggio in Consiglio regionale, il Psd’az, 3.
Salvini in particolare dice addio alla strategia di una Lega nazionale e non a caso i presidenti di Regione sottolineano quanto fosse meglio quella “del Nord”. E se la Lega individua di nuovo la trincea della propria esistenza nel lombardo-veneto, il controllo di quelle regioni, a cominciare dalla richiesta del terzo mandato, diventa strategico.
Della polarizzazione del voto fa le spese quel “terzo polo” alla ricerca disperata di uno spazio politico che appare inesistente (“cercatori d’oro nelle sabbie del fiume che trovano al più un pesciolino” li ha definiti Rino Formica in una intervista al Corriere della Sera) e che con l’8,6% non entra in Consiglio regionale. Al suo interno languono Azione-più Europa con l’1,5% pari alla somma dei due improbabili alleati, Rifondazione comunista e gli indipendentisti di Liberu, 0,7% per entrambi, che si battono contro tutto ciò in cui Carlo Calenda crede.
Ma alla fine c’è stato anche un voto “per”. Per il centrodestra, come segnalato, che è tutt’altro che scompaginato, ma anche per Todde. A Cagliari e Sassari, decisivi nel voto finale, lei ha preso più voti assoluti di quanti ne presi nel 2019 l’allora candidato del centrosinistra Massimo Zedda: + 3 mila a Cagliari e + 8 mila voti a Sassari. Certo, nel 2019 c’era anche la candidatura indipendente del M5S, ma stavolta c’era quella di Soru. Candidatura riuscita quindi che premia i vari azionisti. Il Pd, che è primo partito e ottiene 11 seggi in Consiglio, seguito dai 7 del M5S a cui però si possono sommare i 3 della lista civica Todde. E un buon risultato lo ottiene l’area a sinistra del Pd che supera il 10% e tra lista Zedda, Sinistra futura e Alleanza verdi e sinistra conquista 10 consiglieri.
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