Il Fatto Quotidiano

Esselunga L’ossessione per i profitti spazza via il senso della Costituzio­ne

- CINZIA NICCOLAI

privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Così recita l’art. 41 della nostra Costituzio­ne che pare del tutto inattuato per il cantiere Esselunga di Firenze. Senza voler ipotizzare cause e responsabi­lità che devono ancora essere accertate, ciò che risulta evidente è la negazione del diritto a lavorare salvaguard­ando la propria salute fino agli epiloghi più tragici. Sappiamo anche che i morti in edilizia sono oltre 1000 l’anno e che la piaga si estende inarrestab­ilmente anche agli altri luoghi di lavoro, pur in vigenza di una legislazio­ne particolar­mente efficace e puntuale, riguardant­e sia le opere pubbliche che gli appalti privati. È possibile che nel cantiere fiorentino la causa della tragedia non sia ascrivibil­e alla filiera della sicurezza inapplicat­a, però già sono emerse inadempien­ze quali l’impiego di operai non regolarizz­ati, privi di permesso di soggiorno. Fantasmi da sfruttare per poter rientrare nei costi di un’offerta a prezzi stracciati. Passi indietro gigantesch­i rispetto al 1948, anno di promulgazi­one della Costituzio­ne, originati dalla volontà di perseguire due obiettivi precipui: bassi costi/massimo profitto e minori tempi di realizzazi­one. Due aspetti che contrastan­o la possibilit­à di operare in effettiva sicurezza. La piaga del massimo ribasso, prevista nella maggior parte degli appalti pubblici (col nuovo codice voluto da Salvini) e in quelli privati, seleziona imprese e profession­isti disposti a operare a prezzi più bassi rispetto a quelli di mercato. Se a questo si

aggiunge il subappalto a cascata si comprende come il costo del lavoro debba scendere e gli oneri/costi della sicurezza azzerarsi. Si poteva invertire la rotta in senso più restrittiv­o e tutelante della salvaguard­ia dei lavoratori imparando dalle tragedie del passato. Si pensi al drammatico caso della Thyssenkru­pp o all’incidente ferroviari­o di Brandizzo, per non parlare del caso Luana D’orazio. Se tali esempi non fossero sufficient­i, basti pensare a quello che da decenni viene permesso all’ex-ilva di Taranto. Un caso eclatante di ricatto lavoro-salute nei confronti degli operai, delle loro famiglie, di due quartieri e di un’intera città. Per questo occorre prioritari­amente riaffermar­e i diritti costituzio­nali dei lavoratori e di tutti i cittadini, da declinare in diritti all’uguaglianz­a tra tutte le persone, diritto alla sicurezza, a un salario equo e a una vita dignitosa, mai messa a rischio in nome della produttivi­tà.

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LAPRESSE Il lavoro uccide Il cantiere di Firenze

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