Niente diffamazione, soltanto notizie vere ma Crosetto denuncia “È il governo, bellezza”
Un giornalista deve cercare notizie, verificarle e pubblicarle. È banale ricordarlo, certo. Ma a volte ricordarlo serve. È necessario anche chiarire un punto: qualunque giornalista, se avesse avuto tra le mani questi documenti, li avrebbe pubblicati. Di più: in tanti li hanno cercati (spesso invano). Questa è la realtà.
C’è poi una differenza tra un dossier e un’inchiesta. Il dossier resta nel buio di un cassetto (e usato dietro le quinte). Se qualcuno ne ha confezionati è giusto saperlo e chiarirne il perché. Un’inchiesta invece ha bisogno della luce del sole: viene offerta all’opinione pubblica per il corretto esercizio della democrazia. La Procura lo puntualizza con chiarezza: i tre cronisti indagati (Tizian, Trocchia e Vergine) hanno pubblicato le notizie in loro possesso (un po’ scarse sul Pd e più intense sul centrodestra e sul M5S, ma questo è un altro tema). Altra banalità: le notizie si verificano con fonti e documenti. Sono questi i ferri del mestiere. Se il finanziere era la fonte dei cronisti e ha commesso un reato, ne pagherà le conseguenze. Per quanto riguarda noi cronisti, sappiamo bene di correre un rischio di natura penale, nel violare il segreto investigativo o avere accesso a informazioni riservate. Penultimo fatto: un ministro presenta una denuncia per degli articoli sul suo conto. È così che parte la caccia alle fonti. La fonte viene incastrata (d’altronde l’esercizio dell’azione penale è obbligatorio e nulla si può imputare alla Procura). Arriviamo dunque all’ultimo fatto, quello che più dovrebbe farci riflettere: nulla di ciò che c’era in quegli articoli era falso. Tutto vero, ma, parafrasando un (ormai) vecchio detto: “È il governo, bellezza”.
NEL MIRINO I 3 CRONISTI FECERO IL LORO MESTIERE