Primo mese senza Reddito: meno occupati e più inattivi
A gennaio scende il tasso di occupazione e aumenta chi non cerca impiego: nessuna corsa al lavoro col curriculum in mano...
Aprima vista, sembra uno strano scherzo del destino: nel primo mese senza Reddito di cittadinanza, il numero di occupati è diminuito – anziché aumentare, come negli scorsi mesi – e soprattutto è cresciuto di molto il numero di persone che non cercano lavoro. Guardando meglio, sono due grandi certezze del governo Meloni che scricchiolano: il (presunto) boom di posti di lavoro rallenta, e la fine di quel fenomeno chiamato “assistenzialismo” non determina alcuna corsa al lavoro. Uno scenario opposto rispetto alle aspettative del centrodestra. Tolto il sussidio, infatti, la ministra Marina Calderone e gli altri immaginavano la fila di disoccupati con il curriculum in mano desiderosi di un posto. Invece, anche a questo giro, la realtà si è mostrata ben più complessa.
A GENNAIO 2024
gli occupati in Italia sono calati di 34 mila, con tasso di occupazione sceso al 61,8%. Aumentati di poco i dipendenti a tempo indeterminato, ma calati quelli a termine e soprattutto gli autonomi. Ciononostante, nel primo mese dell’anno sono diminuiti pure i disoccupati: quelli che cercano attivamente un posto, infatti, sono andati giù di 4 mila (sono circa 1,8 milioni in totale). Conseguenza aritmetica, l’unica pattuglia cresciuta è quella degli inattivi, cioè le persone – in età lavorativa – che non sono nemmeno alla ricerca di un impiego: queste segnano più 61 mila. Come sempre, i dati mensili vanno presi con cautela, per trarre conclusioni è meglio osservare periodi più lunghi. Nel trimestre tra novembre 2023 e dicembre 2024, rispetto ai tre mesi precedenti, gli occupati sono cresciuti di 90 mila, i disoccupati sono scesi di 67 mila e gli inattivi sono rimasti stabili. Quindi, malgrado la progressiva riduzione del numero di beneficiari del Reddito di cittadinanza, per il momento il tasso di attività sul mercato del lavoro non sta traendo vantaggio. Va ricordato che, a gennaio 2023, oltre un milione di famiglie prendeva la misura anti-povertà; a partire dalla fine dell’estate, si è scagliata la tagliola del governo Meloni, così i nuclei assistiti sono diventati 823 mila a novembre e poi sono crollati ad appena 288 mila a fine gennaio.
Tutti ricorderanno la narrazione del centrodestra: il Reddito di cittadinanza avrebbe creato un esercito di sfaticati e “divanisti” mantenuti dalla “mancetta pubblica”, o meglio dal “metadone di Stato”, come lo definì Giorgia Meloni. Cifra stilistica a cui aderivano volentieri Matteo Renzi – che parlava di “reddito di nullafacenza”, anche se i dati mostravano oltre 700 mila beneficiari che lavoravano – e Carlo Calenda. Per rafforzare il racconto, spesso venivano sventolati i rapporti Anpal-unioncamere sulle assunzioni previste dalle imprese italiane, associando sempre al Reddito di cittadinanza gli alti tassi di difficoltà di reperimento. Oggi quei bollettini sono spariti dalle cronache, eppure parlarne sarebbe interessante: la difficoltà di reperimento di lavoratori, infatti, è più alta oggi che i sussidi sono stati falcidiati rispetto a prima.
A FEBBRAIO 2023,
infatti, si parlava di difficoltà di reperimento pari al 46,2% dei profili richiesti; oggi, con i beneficiari di misure anti-povertà più che dimezzati, la difficoltà è schizzata al 49%. E ancora, dalle reti televisive unificate e dalla grande stampa sembrano tornati in letargo i ristoratori e gli albergatori alla disperata ricerca di personale. Solo Mattia Pirulli, della segreteria Cisl, ipotizza, tra le cause di questo calo, “la difficoltà delle aziende a reperire le competenze richieste”.
Insomma, la complessità del nostro mercato del lavoro sta provando a tirare la testa fuori dalla sabbia delle semplificazioni.
Negli scorsi mesi si è parlato spesso del record di tasso di occupazione, ma questo – come più volte spiegato – non significa che il lavoro viva un'età dell'oro. Al contrario, il numero complessivo di ore lavorate non è mai tornato ai livelli pre-crisi del 2008; la nuova struttura economica ha creato perlopiù lavoretti da poche ore, che comunque finiscono nelle statistiche, ma sono spesso impieghi poveri e insufficienti a una vita dignitosa. Negli ultimi mesi, molti osservatori avevano avanzato dubbi sul fatto che, malgrado la bassa crescita, il lavoro segnasse un'avanzata così importante. Il rischio è che i dati di gennaio 2024 siano l’inizio di una dinamica che tende a normalizzarsi (in peggio).
RAPPORTI CRESCE PURE LA DIFFICOLTÀ A REPERIRE PROFILI SPECIALIZZATI