I SEGRETI DEL POTERE/1 La nascita di Wikileaks Assange, web e fonti anonime: così il mondo conobbe Guantanamo
“Si vive solo una volta e quindi abbiamo il dovere di far un buon uso del tempo a disposizione e di impiegarlo per compiere qualcosa di significativo e soddisfacente. Questo è qualcosa che io considero significativo e soddisfacente. È la mia natura: mi piace creare sistemi su larga scala, mi piace aiutare le persone vulnerabili e mi piace fare a pezzi i bastardi”. Quando il settimanale tedesco Der Spiegel chiese a Julian Assange come mai non avesse usato il suo talento per i computer per creare un’azienda nella Silicon Valley, e vivere a Palo Alto in una villa con piscina, invece di dedicare la sua vita a creare Wikileaks, Der Spiegel si sentì rispondere così. Era il luglio del 2010, Assange e la sua organizzazione avevano appena rivelato gli Afghan War Logs, 76.910 report segreti sulla guerra in Afghanistan. Cinque mesi dopo, la libertà sarebbe diventata solo un ricordo per quel giovane trentanovenne, intellettualmente dotato, libertario, che viaggiava per il mondo con uno zaino e poco più che un computer.
Da quel lontano 2010, Julian Assange non ha più riacquistato la libertà e, a giorni, potrebbe perderla per sempre. La sentenza della High Court sull’estradizione negli Stati Uniti – dove rischia 175 anni di prigione per la pubblicazione di 700 mila documenti segreti del governo americano, tra cui gli Afghan War Logs – può arrivare in qualsiasi momento, da lunedì 4 marzo in poi.
LA MOLLA DEI MORTI E DELLE BALLE SULL’IRAQ
Era stata l’invasione dell’iraq da parte degli Stati Uniti, il 20 marzo del 2003, a ispirare Julian Assange nella creazione di Wikileaks. Quel bagno di sangue, costato almeno 600 mila civili morti, 9,2 milioni di rifugiati e sfollati, e che contribuì a generare la barbarie dell’isis, era stato un caso da manuale di guerra innescata dalla falsificazione delle informazioni di intelligence, da parte degli Stati Uniti di George W. Bush, in combutta con il governo inglese di Tony Blair. Assange aveva osservato quel mix sciagurato tra le manipolazioni dei servizi segreti e le complicità dei media, che, in gran parte, avevano fatto da megafono a quelle bugie, e aveva saputo che c’erano stati casi di agenti dell’intelligence di vari paesi che avevano provato a far uscire informazioni che smentivano quelle falsità, ma non erano riusciti a farli arrivare all’opinione pubblica.
In un panorama così, un nuovo giornalismo era necessario come l’aria.
Il 4 ottobre 2006, cinque anni dopo l’attacco dell’11 settembre, Assange fondò Wikileaks. Non fece tutto da solo, ovviamente. I giornalisti di Wikileaks, gli esperti di crittografia e software libero, gli avvocati, hanno sempre dato un grande contributo. Ma c’è voluto il suo indiscutibile talento e coraggio per innescare la rivoluzione di Wikileaks. Wikileaks era la prima organizzazione giornalistica al mondo fondata sull’uso sistematico della crittografia per proteggere le fonti che volevano condividere file scottanti in modo anonimo, ed era particolarmente interessata ai whistleblower, persone che, lavorando all’interno di un governo o di aziende private, e venendo a conoscenza di gravi abusi, corruzioni o addirittura crimini di guerra e torture commessi dai loro superiori e colleghi, non si voltano dall’altra parte, ma agiscono secondo coscienza e li denunciano, fornendo ai giornalisti documenti e informazioni. Fu l’intuizione giusta al momento giusto.
IL LATO OSCURO DELLA GUERRA AL TERRORE
La guerra al terrorismo era stata condotta fin dall’inizio con grande brutalità dall’amministrazione di George W. Bush. L’america aveva imboccato il dark side. Massacri di civili dall’afghanistan all’iraq, torture, extraordinary rendition, prigioni segrete della Cia, il lager di Guantanamo. In Afghanistan, Gul Rahman, interrogato a Salt Pit – una delle prigioni segrete della Cia – era stato incatenato nudo al pavimento in una notte dell’inverno afghano: lasciato morire di freddo. Non tutti, all’interno della comunità d’intelligence degli Stati
Uniti o del Pentagono, erano d’accordo con questi metodi. Questa dilagante brutalità medioevale produceva dissidenti, che, magari non erano disposti a denunciare pubblicamente i crimini della Cia o del Pentagono, per non rischiare la testa, ma se un’organizzazione giornalistica offriva loro un sistema affidabile per inviare documenti in modo anonimo, e se quell’organizzazione giornalistica dimostrava il coraggio e l’indipendenza di pubblicarli – invece che nasconderli o fare il megafono della Cia – allora quei dissidenti erano disposti a inviare file segreti su quelle atrocità. Era questo che offriva Wikileaks. Nel buio del segreto di Stato, c’erano whistleblower che sapevano e avevano accesso a file scottanti.
RIVOLUZIONE WIKILEAKS, IL RE ADESSO È NUDO
Era il posto più inaccessibile al mondo. Il lager di Guantanamo, creato dall’amministrazione Bush l’11 gennaio 2002 – e che ancora oggi rimane aperto – era diventato presto uno dei simboli della disumanità della guerra al terrorismo di Bush, tra torture fisiche e psicologiche dei detenuti. Nessuno sapeva esattamente chi fossero i prigionieri e cosa accadesse al suo interno. L’influente American Civil Liberties Union (Aclu) aveva cercato di ottenere una copia del manuale della task force militare che gestiva i detenuti – la Jtf Gtmo –ma l’amministrazione Bush si era opposta. Fu Wikileaks a ottenerlo da una fonte anonima e a rivelarlo nel novembre del 2007. Quel documento sbugiardò le autorità americane: il Comitato Internazionale della Croce rossa non aveva accesso a tutti i detenuti e quindi non aveva modo di scoprire come venivano trattati quelli inaccessibili. Quando il documento apparve sul sito di Wikileaks, il Pentagono contattò l’organizzazione per chiedere di rimuoverlo, perché, “la sua pubblicazione non è stata approvata”. Ma Assange e Wikileaks non dissero signorsì. Ci vuole un grande coraggio a dire no a un’istituzione come il Pentagono, la cui potenza e influenza si fa sentire in ogni angolo del pianeta. E quel coraggio portò presto nuovi documenti eccezionali a Wikileaks.
Chi sa parla Nel buio del segreto di Stato, c’erano whistleblower che avevano accesso a file scottanti e decisero di condividerli con la piattaforma che li pubblicava