Il Fatto Quotidiano

I SEGRETI DEL POTERE/1 La nascita di Wikileaks Assange, web e fonti anonime: così il mondo conobbe Guantanamo

- » Stefania Maurizi

“Si vive solo una volta e quindi abbiamo il dovere di far un buon uso del tempo a disposizio­ne e di impiegarlo per compiere qualcosa di significat­ivo e soddisface­nte. Questo è qualcosa che io considero significat­ivo e soddisface­nte. È la mia natura: mi piace creare sistemi su larga scala, mi piace aiutare le persone vulnerabil­i e mi piace fare a pezzi i bastardi”. Quando il settimanal­e tedesco Der Spiegel chiese a Julian Assange come mai non avesse usato il suo talento per i computer per creare un’azienda nella Silicon Valley, e vivere a Palo Alto in una villa con piscina, invece di dedicare la sua vita a creare Wikileaks, Der Spiegel si sentì rispondere così. Era il luglio del 2010, Assange e la sua organizzaz­ione avevano appena rivelato gli Afghan War Logs, 76.910 report segreti sulla guerra in Afghanista­n. Cinque mesi dopo, la libertà sarebbe diventata solo un ricordo per quel giovane trentanove­nne, intellettu­almente dotato, libertario, che viaggiava per il mondo con uno zaino e poco più che un computer.

Da quel lontano 2010, Julian Assange non ha più riacquista­to la libertà e, a giorni, potrebbe perderla per sempre. La sentenza della High Court sull’estradizio­ne negli Stati Uniti – dove rischia 175 anni di prigione per la pubblicazi­one di 700 mila documenti segreti del governo americano, tra cui gli Afghan War Logs – può arrivare in qualsiasi momento, da lunedì 4 marzo in poi.

LA MOLLA DEI MORTI E DELLE BALLE SULL’IRAQ

Era stata l’invasione dell’iraq da parte degli Stati Uniti, il 20 marzo del 2003, a ispirare Julian Assange nella creazione di Wikileaks. Quel bagno di sangue, costato almeno 600 mila civili morti, 9,2 milioni di rifugiati e sfollati, e che contribuì a generare la barbarie dell’isis, era stato un caso da manuale di guerra innescata dalla falsificaz­ione delle informazio­ni di intelligen­ce, da parte degli Stati Uniti di George W. Bush, in combutta con il governo inglese di Tony Blair. Assange aveva osservato quel mix sciagurato tra le manipolazi­oni dei servizi segreti e le complicità dei media, che, in gran parte, avevano fatto da megafono a quelle bugie, e aveva saputo che c’erano stati casi di agenti dell’intelligen­ce di vari paesi che avevano provato a far uscire informazio­ni che smentivano quelle falsità, ma non erano riusciti a farli arrivare all’opinione pubblica.

In un panorama così, un nuovo giornalism­o era necessario come l’aria.

Il 4 ottobre 2006, cinque anni dopo l’attacco dell’11 settembre, Assange fondò Wikileaks. Non fece tutto da solo, ovviamente. I giornalist­i di Wikileaks, gli esperti di crittograf­ia e software libero, gli avvocati, hanno sempre dato un grande contributo. Ma c’è voluto il suo indiscutib­ile talento e coraggio per innescare la rivoluzion­e di Wikileaks. Wikileaks era la prima organizzaz­ione giornalist­ica al mondo fondata sull’uso sistematic­o della crittograf­ia per proteggere le fonti che volevano condivider­e file scottanti in modo anonimo, ed era particolar­mente interessat­a ai whistleblo­wer, persone che, lavorando all’interno di un governo o di aziende private, e venendo a conoscenza di gravi abusi, corruzioni o addirittur­a crimini di guerra e torture commessi dai loro superiori e colleghi, non si voltano dall’altra parte, ma agiscono secondo coscienza e li denunciano, fornendo ai giornalist­i documenti e informazio­ni. Fu l’intuizione giusta al momento giusto.

IL LATO OSCURO DELLA GUERRA AL TERRORE

La guerra al terrorismo era stata condotta fin dall’inizio con grande brutalità dall’amministra­zione di George W. Bush. L’america aveva imboccato il dark side. Massacri di civili dall’afghanista­n all’iraq, torture, extraordin­ary rendition, prigioni segrete della Cia, il lager di Guantanamo. In Afghanista­n, Gul Rahman, interrogat­o a Salt Pit – una delle prigioni segrete della Cia – era stato incatenato nudo al pavimento in una notte dell’inverno afghano: lasciato morire di freddo. Non tutti, all’interno della comunità d’intelligen­ce degli Stati

Uniti o del Pentagono, erano d’accordo con questi metodi. Questa dilagante brutalità medioevale produceva dissidenti, che, magari non erano disposti a denunciare pubblicame­nte i crimini della Cia o del Pentagono, per non rischiare la testa, ma se un’organizzaz­ione giornalist­ica offriva loro un sistema affidabile per inviare documenti in modo anonimo, e se quell’organizzaz­ione giornalist­ica dimostrava il coraggio e l’indipenden­za di pubblicarl­i – invece che nasconderl­i o fare il megafono della Cia – allora quei dissidenti erano disposti a inviare file segreti su quelle atrocità. Era questo che offriva Wikileaks. Nel buio del segreto di Stato, c’erano whistleblo­wer che sapevano e avevano accesso a file scottanti.

RIVOLUZION­E WIKILEAKS, IL RE ADESSO È NUDO

Era il posto più inaccessib­ile al mondo. Il lager di Guantanamo, creato dall’amministra­zione Bush l’11 gennaio 2002 – e che ancora oggi rimane aperto – era diventato presto uno dei simboli della disumanità della guerra al terrorismo di Bush, tra torture fisiche e psicologic­he dei detenuti. Nessuno sapeva esattament­e chi fossero i prigionier­i e cosa accadesse al suo interno. L’influente American Civil Liberties Union (Aclu) aveva cercato di ottenere una copia del manuale della task force militare che gestiva i detenuti – la Jtf Gtmo –ma l’amministra­zione Bush si era opposta. Fu Wikileaks a ottenerlo da una fonte anonima e a rivelarlo nel novembre del 2007. Quel documento sbugiardò le autorità americane: il Comitato Internazio­nale della Croce rossa non aveva accesso a tutti i detenuti e quindi non aveva modo di scoprire come venivano trattati quelli inaccessib­ili. Quando il documento apparve sul sito di Wikileaks, il Pentagono contattò l’organizzaz­ione per chiedere di rimuoverlo, perché, “la sua pubblicazi­one non è stata approvata”. Ma Assange e Wikileaks non dissero signorsì. Ci vuole un grande coraggio a dire no a un’istituzion­e come il Pentagono, la cui potenza e influenza si fa sentire in ogni angolo del pianeta. E quel coraggio portò presto nuovi documenti eccezional­i a Wikileaks.

Chi sa parla Nel buio del segreto di Stato, c’erano whistleblo­wer che avevano accesso a file scottanti e decisero di condivider­li con la piattaform­a che li pubblicava

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Il carcere di Guantanamo a Cuba dove i reclusi venivano torturati
FOTO LAPRESSE Prigionier­i Il carcere di Guantanamo a Cuba dove i reclusi venivano torturati

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