Il Fatto Quotidiano

Quel “De Gasperi” democristi­anissimo

L’ottimo primattore Pierobon tiene in piedi uno spettacolo un po’ soporifero e ingessato da regia e testo

- » Camilla Tagliabue

Scegliere un democristi­ano come protagonis­ta è coraggioso, soprattutt­o se il soggetto non è Giulio Andreotti – con il suo fascino da belzebù – e il direttore non si chiama Paolo Sorrentino, con la sua perfida comicità. Alcide De Gasperi è un chierichet­to assai grigio e Carmelo Rifici un regista sicuro di sé, senza autoironia. Le premesse di De Gasperi: l’europa brucia – testo originale di Angela Dematté – non sono delle più sexy.

Il set è austero, tra la casa, il gabinetto parlamenta­re e la chiesa: una scrivania, una panca-inginocchi­atoio, un organo, una ribaltina luminosa per i comizi, una bandiera che cambia colore dal nero al rosso, dal bianco al blu, a seconda della temperatur­a politica di quegli anni, dal dopoguerra al 1953. Il primattore è uno dei migliori interpreti italiani, Paolo Pierobon, a cui spetta il difficile ruolo dello statista senza ombre, e quindi appeal, presidente del Consiglio della primissima ora. Il suo è un De Gasperi duro, concreto, un uomo di montagna che ama il freddo contro gli agi e le mollezze del caldo, che antepone i doveri ai diritti, che trova perfetto il connubio “Democrazia cristiana”. E sa persino essere ironico – l’attore, non il personaggi­o –, a dispetto del passato da topo di biblioteca in Vaticano, durante il regime fascista, e alla faccia di Mussolini che lo definì “un clericale senza idee e senza coraggio”.

Affiancano Alcide, nel settennato di governo, la figlia Maria Romana, assunta come segretaria (Livia Rossi), e il collega e avversario comunista Palmiro Togliatti (Emiliano Masala), che lo mette in guardia sul falso mito del capitalism­o americano, preferendo­gli i bolscevich­i russi. Intanto il leader cerca di accreditar­si in Europa e negli Stati Uniti come statista di un’italia non più fascista, ma sinceramen­te democratic­a e pronta alla ricostruzi­one: alla Conferenza di pace di Parigi del 1946 tiene il famoso discorso “tutto è contro di me”, per poi constatare, un lustro dopo, che “sono anni che vado in giro a chiedere scusa al mondo”. Ma soprattutt­o a elemosinar­e soldi: la scena più riuscita è proprio quella dedicata allo “sterco del diavolo” – altro che Gesù e Maria e Stalin – quando De Gasperi mercantegg­ia con l’ambasciato­re Usa (il seduttivo Giovanni Crippa); finalmente un po’ di ciccia e di “commerci” oltre alla politica, agli ideali cristiani, al blablabla ideologico. Bene, bravo presidente: Piano Marshall ottenuto, ingresso nella Nato pure (obtorto collo: “Non avevamo altra scelta”), ma il sogno resta quello di un’europa unita, anche militarmen­te con un esercito comune, contro le dittature e le guerre. Segue un finale pasolinian­o a Matera tra i poveracci e le bocce. Boh.

“Per quanto tempo ancora reggeranno i pilastri della nostra democrazia? – riflette Rifici nelle note –. “Da Troia, è mai esistito un momento in cui il mondo non si sia polarizzat­o in fazioni opposte? Est contro Ovest, capitalism­o contro comunismo?”. Ma la guerra di Alcide è fredda, appunto, anche sul palco: tocca a Pierobon scaldare e tenere in piedi uno spettacolo un po’ soporifero e ingessato dalla regia claustrale e dal testo aulico, letterario.

Il pubblico delle vedove – una piovosa domenica pomeriggio al Carcano di Milano – comunque apprezza. E sì, moriremo tutti democristi­ani. Gaudenti e plaudenti.

Modena, Teatro Storchi, fino a domani; Lugano, Lac, 8-9 marzo; Torino, Teatro Gobetti, 12-17 marzo; Roma, Teatro Vascello, 19-24 marzo

De Gasperi: l’europa brucia Di Angela Demattè Regia di C. Rifici

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