“Scrivi: ogni giorno sprecato è un delitto”
La narrativa israeliana, a partire dagli anni 80, si è imposta sulla scena internazionale grazie ai tre “tenori” Abraham Yehoshua, Amos Oz e David Grossman. Fatta eccezione per il connazionale Yosef Agnon (premiato con il Nobel nel 1966), la letteratura ebraica riconosciuta era stata fino ad allora quella della diaspora. Le opere moderne hanno avuto risonanza anche in virtù del conflitto israelo-palestinese, fatalmente raccontato dai tre autori, uniti da un sodalizio pacifista spesso avversato in patria.
È uscita “La pace è l’unica strada”: “A voi bambini sento il bisogno di chiedere scusa”
DOPO LA SCOMPARSA prima di Oz e poi di Yehoshua, resta il settantenne Grossman a tenere alta la bandiera dell’impegno. Non a caso lo scrittore nato e cresciuto a Gerusalemme torna in libreria per Mondadori con un volume che raccoglie i suoi ultimi interventi militanti. La pace è l’unica strada riannoda il filo dai tragici eventi del 7 ottobre 2023. Scrive Grossman: “Un regime di occupazione non può essere democratico. La democrazia scaturisce dalla profonda convinzione che tutti gli esseri umani nascono uguali e a nessuno è negato il diritto di decidere del proprio destino”. Così come lo scrittore persiste a reputare un crimine l’occupazione dei Territori, altrettanto si dichiara attonito dinanzi all’odio irriducibile contro Israele: “I terroristi di Hamas hanno massacrato intere famiglie, le hanno inseguite e trucidate come se fossero personaggi di un videogame”.
Da sempre sostenitore della coesistenza dei due popoli, la coerenza di Grossman ha radici lontane. Da menzionare almeno Il vento giallo (1988), reportage con cui aveva documentato le condizioni di vita nei campi profughi palestinesi. Nemmeno quando è stato colpito da un grave lutto familiare è venuto meno al principio secondo cui si deve “coltivare la storia della propria comunità senza cancellare quella degli altri”. Nell’estate del 2006 il suo terzogenito, il ventenne Uri, resta vittima di un agguato dei miliziani di Hezbollah in Libano. L’autore fa i conti con questa perdita in Caduto fuori dal tempo del 2012, in cui immagina un padre che ha perso il figlio raggiungere un altrove dove è possibile ai vivi rendere visita ai morti.
La sua stessa biografia è la controprova di una costante tensione etica. Dopo la laurea in Filosofia, Grossman lavora per la radio pubblica dapprima come corrispondente e poi come presentatore di un programma per bambini. Esperienza che termina a causa del suo ateismo dichiarato e della sua militanza politica. A offrirgli un destino alternativo è la vocazione letteraria, propiziata a suo tempo dal padre, autista diventato in seguito direttore della biblioteca della sua azienda di trasporti. Grossman ha ammesso di sperimentare con i suoi scritti “un contatto fisico con le parole”. In Che tu sia per me il coltello, con al centro una relazione epistolare tra due sconosciuti, si legge in filigrana una dichiarazione di poetica: “Scrivi, racconta, ogni giorno sprecato è un delitto”. La sua narrativa è scandita da storie minime che incrociano fatalmente la Storia. A cominciare dall’olocausto, trasfigurato nella parabola del piccolo Momik, figlio di deportati che si interroga sul mistero dei numeri tatuati sulle braccia dei genitori in Vedi alla voce: amore.
Gad Lerner ha spiegato così la fortuna di Grossman: “Ci consente una identificazione in una condizione esistenziale provvisoria, esposta all’incertezza e che però vuole disperatamente ritrovare la propria normalità”. Come testimoniano le pagine di A un cerbiatto somiglia il mio amore dove una sedicenne sfugge all’orrore della guerra dei Sei giorni per ritrovarsi madre trentasei anni dopo con l’incubo di un figlio prossimo a morire in una incursione in Cisgiordania. La guerra che umilia gli innocenti attraversa tutte le sue pagine, disseminate di bambini e di adolescenti. Da Aaron di Il libro della grammatica interiore a Nono di Ci sono bambini a zig-zag, passando per Assaf di Qualcuno con cui correre. Sorpresi dal mondo e dagli adulti perché per loro “ogni momento è una scoperta ma è anche un pericolo”.
Grossman, da sempre sensibile ai diritti dell’infanzia, apre La pace è l’unica strada proprio con un passaggio dolente e rivelatore: “A voi bambini io sento il bisogno di chiedere scusa, perché non siamo stati capaci di creare per voi la realtà migliore e più sana a cui ogni bambino di questo mondo ha diritto”.