Posti letto agli studenti, il piano: più deroghe e incentivi per tutti
Norme per far investire gli enti pubblici, ma soprattutto crediti d’imposta ed esenzioni ai privati. Ok automatico ai cambi di destinazione d’uso e delle volumetrie
Dovranno mettersi proprio d’impegno, questa volta, per non realizzare gli alloggi universitari previsti dal Pnrr e che tante grane hanno creato al governo nei mesi scorsi. Il decreto legge Pnrr 4, approvato la settimana scorsa in Consiglio dei ministri, contiene infatti tutta una serie di novità e di facilitazioni nei confronti dei privati - ma non solo - per far realizzare entro il 2026 60mila posti e sventare così una eventuale nuova ondata di protesta con gli studenti in tenda.
IL COMMISSARIO. Il cosiddetto “pacchetto” sull’housing universitario prevede prima di tutto un commissario straordinario, scelto dal ministero dell’università, che opererà, con un incarico fino al 31 dicembre 2026, con un contingente massimo di cinque persone, più un massimo di tre esperti “di comprovata qualificazione professionale” con “compenso massimo annuo di euro 50mila al lordo dei contributi”. Il commissario lavorerà a stretto contatto con Palazzo Chigi e la struttura di Missione Pnrr: l’idea è che diventi, in pratica, un punto di unione tra le istanze del governo e quelle locali.
PROCEDURE SEMPLIFICATE.
Per il resto, la semplificazione pare essere il principale obiettivo. Si prevede, ad esempio, che per “l’utilizzo del patrimonio edilizio esistente è sempre ammesso il mutamento di destinazione d’uso funzionale all’impiego di tali immobili quali residenze universitarie anche in deroga alle eventuali prescrizioni e limitazioni previste dalle previsioni degli strumenti urbanistici” e con la semplice segnalazione certificata di inizioattività (Scia). Le Soprintendenze potranno opporsi o rilevare problemi in corso d’opera. Viene inoltre previsto il vincolo di destinazione funzionale ma solo “per la durata prevista dal decreto di finanziamento” o comunque per una durata “non inferiore a dodici anni”. E dopo? Mistero.
DEROGHE.
La realizzazione degli studentati potrà poi derogare a determinati obblighi, dal reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale al vincolo della dotazione minima di parcheggi. Inoltre, se una volta cambiata la destinazione d’uso di un immobile il valore della rendita catastale dovesse aumentare, “tale incremento, nel periodo del finanziamento, non si applica ai fini della determinazione della tassazione sugli immobili, nonché delle imposte ipotecarie e catastali”. Viene anche permesso un aumento delle volumetrie fino al 35 per cento. E ancora, c’è la possibilità di riconoscere un contributo sotto forma di credito d’imposta anche ai proprietari degli immobili: un incentivo che mira a stimolare l’investimento privato. Fino ad oggi, infatti, le norme erano indirizzate prevalentemente ai privati convenzionati. Lo sono ancora, ma adesso c’è più manovra pure per i soggetti pubblici visto che le stesse università e gli enti regionali potranno investire e diventare stazioni appaltanti. Si legge nella bozza: “Fino al 30 giugno 2026, le università statali comunicano al ministro dell’università e della Ricerca, che si esprime con parere entro sessanta giorni dalla ricezione, le ipotesi di acquisizione di diritti reali o di godimento su immobili aventi durata ultranovennale”.
LO STANZIAMENTO.
Lo stanziamento previsto per la realizzazione degli studentati e dei posti letto è pari a 1,2 miliardi di euro. Il che significa che ogni posto letto costerà circa 20mila euro. Il contributo economico verrà erogato in un’unica soluzione. In cambio del finanziamento, come si legge nel bando pubblicato a inizio febbraio, si dovrà assicurare la destinazione d’uso prevalente degli immobili “per un periodo minimo di nove anni successivi al terzo anno di gestione”, con possibilità di destinare a ulteriori finalità parti non utilizzate della struttura o degli alloggi/residenze durante i periodi non legati alle attività didattiche. Oppure “applicare per nove anni, a partire dal quarto anno di gestione, una riduzione del 15% sul valore medio di mercato delle tariffe per gli studenti assegnatari e destinare almeno il 30% dei posti letto a studenti meritevoli e privi di mezzi”, individuati via graduatoria.
CRITICHE. “Lo sconto del 15% sul prezzo di mercato per i posti letto, valido solo per 12 anni, è totalmente insufficiente per garantire un’adeguata accessibilità” spiega l’udu, l’unione degli Universitari. Criticano il vincolo “scarso (e fittizio)” di destinazione dei posti letti al diritto allo studio: “L’introduzione del vincolo del 30 % destinato al diritto allo studio è positivo, ma il costo che dovrà pagare l’ente è insostenibile in quanto dal quarto al dodicesimo anno il privato potrà farsi pagare i posti letto il 75% del costo di mercato. Stimiamo che questo creerà un fabbisogno annuo di 200 milioni di euro, cifra insostenibile e irragionevole”. Il rischio è che molti posti letto non saranno mantenuti nel circuito, ma affittati agli studenti già a partire dal quarto anno, al 75% del costo di mercato. “Un vincolo temporale limitato: altro che investimento strutturale”.
Dopo 12 anni, poi, i posti letto torneranno completamente al mercato privato “spesso con prezzi inaccessibili. Totalmente assurdo” continua l’udu. Inoltre, l’importo forfettario per posto letto non considera la qualità o la finalità dell’intervento, e la premialità per un maggior numero di posti letto dedicati al diritto allo studio “è marginale, non stimolando una reale competizione per l’accesso ai fondi. Il contributo di 20mila euro per posto letto è talmente scarso da scoraggiare grandi investimenti del pubblico che, ovviamente, non ha un margine di ritorno”. Con l’ombra di una possibile dismissione del patrimonio pubblico verso il privato senza garanzia durature e strutturali.
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