Gasparri e Cassese Adesso è l’antimafia a finire nel mirino
Giorgia Meloni ne ha fatto un tema da campagna elettorale abruzzese. Ma pare ormai chiaro come l’inchiesta su cui indaga la Procura di Perugia stia offrendo il pretesto alla maggioranza di governo per mettere in discussione la stessa istituzione della Procura Nazionale Antimafia. E per la verità non solo quella. Lo si capisce dalle parole del capogruppo al Senato di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che ieri evocando il silenzio sullo “scandalo” da parte del capo dello Stato, ha ulteriormente alzato il tiro. L’antipasto l’aveva servito mettendo in discussione, con il supporto dei renziani, la compatibilità dell’ex procuratore Federico Cafiero De Raho, oggi deputato 5Stelle, in seno alla Commissione antimafia. L’organismo presieduto da Chiara Colosimo di Fratelli d’italia che nelle prossime ore sentirà il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, ossia titolare dell’indagine. E il successore di De Raho in Via Giulia, ossia l’attuale capo della Procura nazionale antimafia Giovanni Melillo le cui banche dati sarebbero state compulsate abusivamente per fini di “dossieraggio”. Almeno a detta del centrodestra perché il termine non compare in alcun atto dell’indagine della Procura di Cantone che insieme a Melillo verrà ascoltato domani al Copasir sulla stessa vicenda.
“TUTTI
i procuratori nazionali antimafia diventano parlamentari nazionali o europei della sinistra italiana. È un loro diritto, ma è una strana coincidenza: tre su tre. Ora spero che quello attuale ci sorprenderà, evitando di candidarsi”, ha detto Gasparri aggiungendo però un altro tassello che descrive bene il clima: prima ha chiamato in causa Sergio Mattarella come per rimproverargli di non aver fatto ancora sentire la sua voce sull’inchiesta a differenza di quanto fatto sulle manganellate di Pisa contro gli studenti. Poi, sempre l’azzurro ha suggerito l’idea di un’ispezione, anzi l’ipotesi che si possa arrivare a un “commissariamento” della Procura nazionale. Fa addirittura meglio l’emerito Sabino Cassese: “Mi chiedo se questa struttura debba ancora rimanere in vita o se invece non bastino gli strumenti ordinari”. Suggestioni che sciolgono la lingua anche al Guardasigilli Carlo Nordio: per il ministro della Giustizia sul caso dovrà essere fatta luce dalla magistratura, ma anche “in altri luoghi”. Già che c’è rintuzza sulla questione della privacy che sarebbe stata violata impunemente negli ultimi 20 anni: “Le intercettazioni più o meno lecite sono diventate la regola. Se poi non vengono nemmeno autorizzate dall’attività giudiziaria ma vengono captate in modo eccentrico deve intervenire la magistratura ma anche il legislatore”.
MA SONO le parole di Gasparri a far sbottare il senatore M5S Roberto Scarpinato, già procuratore generale di Palermo: “Alterando la realtà quale emerge chiaramente dagli atti di indagine, esponenti della maggioranza stanno tentando di spacciare alla pubblica opinione, come in un truffaldino gioco delle tre carte, deviazioni di singoli come deviazione dell’istituzione Procura nazionale antimafia e del suo capo. La Pna e il suo vertice sono vittime
del tradimento di due pubblici ufficiali.si tratta di un bieco gioco al massacro delle istituzioni per squallidi calcoli politici da parte di personaggi che, addirittura chiamando in causa il Presidente della Repubblica, tentano di strumentalizzare ogni occasione per condurre in porto il loro disegno di smantellare la credibilità della magistratura, preparando il terreno alle riforme per la sua sottoposizione al controllo della politica”. Dello stesso avviso la responsabile legalità del Pd, Enza Rando: “La Procura antimafia è parte lesa in questa storia e non deve essere delegittimata. Sulla vicenda del dossieraggio si è già attivata la Procura di Perugia, la magistratura ha reagito con prontezza avviando un’indagine sui responsabili dei presunti accessi abusivi al sistema. Ma è inaccettabile ascoltare attacchi contro un’istituzione nata da un’idea di Giovanni Falcone per combattere la mafia e garantire la sicurezza e la legalità”.
SCARPINATO ”A PERUGIA LA SUPER PROCURA È VITTIMA”