“Non amo tormentoni e tv Il mio obiettivo è Venditti”
Gazzelle “Come ‘Notte prima degli esami’ vorrei scrivere pezzi che durino nel tempo”
Gazzelle, che voto prese alla maturità? 76 o 78, dovrei controllare. Insomma.
Era un buon voto, date le circostanze...
Quante bocciature?
Un paio. Avevo cambiato un po’ di scuole. Alla fine istituto privato, per recuperare e chiudere il capitolo didattico.
Cosa non andava?
La condotta. Facevo tante assenze, non rispettavo le gerarchie. Mi sentivo un po’ anarchico, disobbediente, seguivo solo le mie regole. In compenso partecipavo alle occupazioni.
Marinava le lezioni? Quando ne sentivo la necessità. Andavo a zonzo cercando ispirazione e scrivevo un mucchio di canzoni. Alcune sono entrate nei miei dischi. Scintille,
Non sei tu.
Niente università.
E quale facoltà? Inseguivo un sogno: la musica. Una cosa rara. A Sanremo, in coppia con Fulminacci, ha cantato Notte prima degli esami. Con delicatezza, rispetto, senza strafare. Dopo, Venditti ci ha detto di essersi reso conto di quanto, ascoltandolo da voci altrui, quel suo monumento sia destinato a restare nel tempo. La missione dei grandi autori.
Proprio questo vorrei: che i ragazzi che mi ascoltano oggi, quando avranno figli possano far sentir loro le mie canzoni. Sarebbe meraviglioso se durassero pure oltre la mia vita.
Anche lei ebbe l’imprinting giusto.
I viaggi in macchina con i miei. Le cassette che dovevi riavvolgere con la penna. Antonello, De Gregori, Fossati, Battisti, Dalla, Battiato. Più tardi, da solo, scoprii Rino Gaetano e Vasco. Se Aladino mi regalasse uno solo di quei capolavori avrei voluto scrivere Anima fragile. Intanto la Capitale è spesso lo scenario dei suoi pezzi. C’è quello intitolato Roma, e il suo quartiere spunta nella sanremese Tutto qui. Con la mia città ho un rapporto di odio e amore. Non potrei mai pensarmi altrove, è come una donna di cui non posso fare a meno, ma con la quale vivo una relazione tossica, conflittuale. Roma è superba, campa di rendita della sua gloria di duemila anni fa, è poco dinamica. Ma per questo mi strega. Se qui le
cose non cambiano, vuol dire che il tempo passa più lentamente.
Anche a Roma Nord?
Mettiamola come un’amorevole critica a un ambiente borghese in cui devi imparare a crescere. Comunque scrivo solo di quel che conosco.
Ora ha 34 anni, ha conosciuto il successo a 27. Oggi tanti suoi colleghi, da Sangiovanni a Mr.rain, alzano bandiera bianca.
Io non potrei mai mollare, sono felice solo facendo musica. Ma la gavetta serve. Ci sono adolescenti buttati in pista troppo presto da un mercato discografico tornato dispotico. A quell’età non hai la testa già strutturata per quello che resta un lavoro. Se un neodiplomato lo mandi subito in sala operatoria per dirigere un’equipe cardiochirurgica, ovvio che vada in tilt. Occorre fare esperienza, passo dopo passo. Concerti con dieci spettatori, poi cento, poi mille.
Invece tanti puntano sull’immagine, la gloria effimera via social.
Se dai più importanza alla fama istantanea e alla ricchezza che non ai contenuti, pagherai pegno. Però sono fiducioso che la
storia del pop sia fatta di corsi e ricorsi. E che gli emergenti siano messi di nuovo in condizione di rivendicare le loro identità. Di poter maturare senza il terrore di sbagliare scelte.
Voi della vecchia infornata indie siete ormai dentro un percorso solido.
Chiamateci come volete: chi ce l’ha fatta è stato spinto dall’urgenza, dalla sostanza, dall’ambizione di creare qualcosa di duraturo. Quanto a me, evito i tormentoni estivi, le marchette, faccio meno tv possibile.
L’8 marzo, da Padova, parte un tour nei palazzetti. Il 16 maggio l’arena.
Non ho un album nuovo, ma la scaletta è nel segno di uno storytelling semplice e sincero. Verona sarà un evento speciale, vorrò degli amici sul palco. Comincerò a fare qualche telefonata. E in estate altre date.
Il 9 giugno scorso si è preso l’olimpico.
Prima di affrontare lo stadio ero concentrato, lucido, non avevo voglia di scappare, appena un sano filino d’ansia. Solo negli ultimi cinque minuti a ridosso del concerto mi ero isolato come un alieno. Gli altri mi parlavano, non li sentivo. Come Kevin Costner in quel film dove è un campione di baseball. Una volta davanti al microfono mi sono detto: goditela, chissà se ricapita.
Lei invece giocava a calcio. Ai tempi delle medie. Ero un fantasista, il ruolo di Totti. Il ruolo e basta. Ok, non ero malaccio. Poi dai piedi sono passato alle mani, come strumenti di lavoro.
Così dopo dieci minuti mi parte il crociato.
‘‘ Sangiovanni che ha lasciato? Non potrei mai, sono felice solo con la musica. Ma la gavetta serve