DALL’EGEMONIA CULTURALE AGLI SPOT
CHISSÀ SE ENRICO - Berlinguer ha fatto anche cose cattive; forse no, a giudicare dall’estasi con cui Roberto Benigni ha rievocato Berlinguer ti voglio bene, ospite della Torre di Babele di Corrado Augias (La7, lunedì sera). La settimana scorsa, discutendo degli anni Sessanta, Augias ha chiesto allo scrittore Francesco Piccolo se non ci sia un equivoco all’origine del concetto di egemonia culturale. “Molti pensano che si risolva piazzando ai posti di comando figure vicine alla propria parte politica; ma è davvero così?”. Assolutamente no, gli risponde Piccolo, e noi siamo d’accordo a metà con il mister, perché il tema della vicinanza degli intellettuali alla sinistra, e dell’occupazione dei posti chiave c’era anche nell’italia di Berlinguer. Però è vero che il punto di vista va capovolto; in quell’“età dell’oro” c’erano gli intellettuali vicini alla politica, ma c’era anche una politica sensibile di suo alla cultura e alle principali istituzioni culturali del Paese, c’era l’idea gramsciana che la cultura avesse un ruolo egemone in sé. Egemonia e pensiero progressista nascono insieme, e insieme non si sentono tanto bene oggi che tutta la politica italiana più che ai quaderni di Gramsci si ispira ai cataloghi dei mobilifici (“Solo poltrone di qualità”), e vivono per l’egemonia mediatica. Cos’è di destra? Cos’è di sinistra? Oggi le fazioni generate dalla pubblicazione del Gattopardo così come la Casa del popolo di Cioni Mario sembrano fantascienza, ma questo è il fascino della Torre di Babele, il suo essere una tranquilla trasmissione démodé, di quando per proporre un confronto delle idee bastava niente; a patto, come direbbe Altan, che di idee ce ne fosse almeno una. Due sedie, uno schermo affacciato sul pozzo della memoria invece che sulla pozzanghera delle opinioni: quest’ultima maniera di Augias, prosciugata all’essenziale è un lapsus, un lampo dell’inconscio, un ritorno a quando c’era Berlinguer portato in salvo sull’astronave di Star Trek. Così dovrebbe funzionare l’egemonia culturale: meno si vede, più c’è.