MELONI, DAL BACIO DI B ANNON A QUELLO DI BIDEN
• Prima il populismo, poi la Nato Come si cambia Ora che è a Chigi abbraccia il leader dem ed è filo-ursula: prima sosteneva con convinzione l’ex presidente e lo zar Putin
Non sarà facile per Giorgia Meloni farsi perdonare il bacio sulla fronte ricevuto da Joe Biden. Accolta alla Casa Bianca dal presidente in carica come leader del G7, Meloni ha suggellato l’incontro con una foto che rappresenta oggi un programma quinquennale che la porta lontano dall’era “movimentista” in cui guardava a Donald Trump e al suo braccio destro, Steve Bannon. Il quale, in un’intervista al Corriere della Sera, esplicita la delusione sua e dei conservatori Usa che forse rimpiangono i tempi, quelli dell’assalto a Capitol Hill, in cui la premier italiana veniva definita da La Stampa “la sciamana d’italia”.
OGGI IL FUTURO disegna traiettorie più morbide e le distanze sembrano essere molto grandi, anche se trumpiani d’america e meloniani sono pur sempre parte della stessa famiglia politica. Alla recente convention dei conservatori Usa, la Conservative Political Action Conference (Cpac), Fratelli d’italia ha inviato la sua brava delegazione, ma nella lista degli speaker non figurava nessun italiano mentre invece si sprecavano i nomi internazionali autorevoli come il presidente argentino Javier Milei, l’ex premier inglese Liz Truss, il “brexiter” Nigel Farage, il leader di Vox Spagna Santiago Abascal. Meloni non ha partecipato alla Cpac per il secondo anno consecutivo, visto l’incarico di presidente del Consiglio, ma già l’ultima volta, nel 2022, era stata costretta dalle sue nuove ambizioni di leader del centrodestra italiano, a modificare l’approccio sperticandosi nel sostegno all’ucraina in un consesso che non aveva mai nascosto le proprie simpatie per la Russia.
Con Trump, del resto, Meloni condivideva, nel 2020, “l’orgoglio di rivendicare e difendere la propria identità” come “chiave di volta per affrontare le grandi sfide alla globalizzazione”. “Dio, patria, famiglia” erano state individuate nel discorso trumpiano come “parole che in Italia sembrano quasi eversive, negli Stati Uniti sono al governo e danno risposte importanti”. Alle elezioni di quell’anno Meloni preferiva “la vittoria di Trump per gli interessi dell’italia” e spiegava che “Obama ha fatto solo guerre, il ‘mostro’ Trump invece ha portato avanti la diplomazia”.
DI FRONTE AGLI ATTACCHI
di Capitol Hill, in una lettera al Corriere della Sera, scriveva che “la dottrina Obama-clinton (e dunque Biden) di sostegno alle primavere arabe e al fondamentalismo sunnita abbia prodotto per noi enormi disastri”. Oggi la “dottrina Biden” la bacia sulla fronte per la sua fedeltà atlantica.
Giorgia Meloni, ovviamente, non passerà al campo progressista. Ma le distanze con quei tempi sono evidenti. Allora, tra il 2018 e il 2020, era interlocutrice prediletta del consigliere strategico
di Trump, Steve Bannon, che nel 2018 fu invitato al festival di Atreju perché “volevamo dimostrare ai nostri militanti ed elettori – diceva Meloni – che le nostre idee in questo tempo sono molto diffuse; guardo con interesse ad esempio al modello di Putin in Russia o di Modi in India”. E così proponeva l’adesione di Fratelli d’italia all’associazione The Movement di Bannon, il quale definiva lei e Salvini dei “sovvertitori”. Progetto fallito clamorosamente (ma sulla pagina Wikipedia di The Movement Fratelli d’italia e Lega figurano ancora come membri dell’organizzazione).
BANNON, nell’intervista al Corriere della Sera, dice di amarla “per come sta normalizzando la destra al potere in Italia, ma non puoi giocare al gioco di Bruxelles e della Nato”. La delusione di cui parla Bannon, del resto, è quella di cui parlava Fox News dopo il bacio di Biden. Bannon oggi non è più tra i consiglieri fidati di Trump – lo staff è guidato da Chris Lacivita e Susie Wiles – ma, come scrive il New York Times, al Cpac la sua “è stata l’unica festa che contava” ed è stato lui a tenere un vertice internazionale con ex funzionari della politica estera di Trump, l’ex premier inglese Liz Truss, l’ambasciatore ungherese negli Stati Uniti, il ministro della Sicurezza argentino e molti altri.
Il problema è che mentre Trump promette l’isolazionismo, Meloni è sempre più atlantista ed europeista. E il suo rapporto strettissimo con Ursula von der Leyen sembra stridere con la Meloni di un tempo. Gli incontri tra le due si sono moltiplicati, oggi entrambe vagheggiano l’ipotesi di un’europa più armata e più forte – “la destra italiana ha sempre voluto l’esercito europeo” dice Nicola Procaccini, plenipotenziario in Europa – e lavorano per un nuovo governo dell’ue allargato almeno ai conservatori dell’ecr.
C’eravamo tanto amati, sembra dire Meloni a Trump, e ne approfitta così il terzo amante, Matteo Salvini, che si fa più trumpiano di Trump. In attesa delle elezioni: negli Usa e in Europa.