Trump stravince ma Haley si ritira senza sostenerlo
Sleepy Joe senza rivali conquista 15 Stati, ma perde ancora nelle Samoa
Sarà lunga e brutale. Dopo il ritiro di Nikki Haley, parte la sfida finale tra Joe Biden e Donald Trump. Molti americani avrebbero preferito non assistere alla ripetizione di uno scontro che nel 2020 mise a ferro e fuoco il Paese. Ma il Super Tuesday ha dimostrato che non c’è alternativa ai due. Biden vince nei 15 Stati chiamati al voto martedì, con l’eccezione delle lontane Samoa Americane: del resto, il presidente corre senza veri rivali. Trump ne conquista 14 su 15 – l’eccezione è il Vermont, che vota per Haley –, confermando una presa ormai assoluta sul partito. Lo scontro sarà appunto lungo – otto mesi – e brutale, tra due candidati con visioni radicalmente diverse del potere e della democrazia, e che faranno campagna non tanto per affermare la loro visione, quanto per distruggere l’avversario.
ANNUNCIANDO il ritiro, Haley si è congratulata con Trump ma non ha detto di appoggiarne la candidatura. “Spetta a lui – ha spiegato l’ex governatrice del South Carolina – guadagnare i voti di quelli che nel nostro partito non lo hanno sinora sostenuto. Spero ci riesca”. Non è ciò che molti repubblicani volevano da Haley, e cioè un ubbidiente allineamento dietro la candidatura Trump. Del resto, gli screzi tra i due sono stati particolarmente aspri. Trump si è preso gioco del marito di Haley, un militare di stanza all’estero. Haley ha dipinto Trump come un agente del caos, troppo anziano, mentalmente disturbato, incapace di essere fedele ai valori della Costituzione. Dopo l’annuncio del ritiro, risentito per il mancato endorsement, Trump si è quindi scatenato, sostenendo di aver “fatto a pezzi” Haley, molti dei cui finanziamenti e voti sarebbero venuti “dalla sinistra radicale”. Più cortese la reazione di Biden, che in una dichiarazione elogia il coraggio di Haley e spiega di condividere con lei molte cose, “dalla tutela della democrazia al governo della legge alla difesa della Nato”. Il voto di Haley fa del resto gola a tutti. Haley ha perso in modo netto queste primarie (è riuscita a prevalere soltanto nella capitale, Washington D.C., e in Vermont, due luoghi non proprio rappresentativi dell’elettorato repubblicano), ma ad ogni appuntamento ha comunque raccolto percentuali non indifferenti, con punte che hanno toccato il 40 per cento dei votanti. Tra questi ci sono settori di elettorato repubblicano che non gradiscono la candidatura di Trump, che restano legati a un partito – quello di Ronald Reagan, di George W. Bush – che è stato in larga parte travolto dal ciclone Trump ma che continua ad esistere, e che non è per nulla detto che il 5 novembre scelga di appoggiare l’ex presidente. Questa, al momento, resta l’incognita più forte che pesa sulla campagna elettorale di Trump, che inizia comunque in modo più favorevole rispetto a molte previsioni. La Corte Suprema ha riconosciuto la sua eleggibilità. I processi più gravi in cui è implicato – quelli per insurrezione, frode elettorale, divulgazione dei segreti di Stato – non inizieranno prima del 5 novembre. Il controllo su partito ed elettorato è solido. Lo dimostrano i numeri del Super Tuesday. Trump vince ovunque, dal nord est al sud all’ovest, con percentuali schiaccianti. Un vantaggio di 70 punti su Haley in Alabama, di 60 punti in Texas e California, di 40 punti in Massachusetts.
Tra dubbi e timori parte invece la campagna di Joe Biden. Il presidente ha deciso di correre nel 2024 con un messaggio molto simile a quello del 2020, a difesa dell’“anima della nazione” contro Trump, “minaccia per la democrazia”. Biden continua a esibire sicurezza – “Non sarò il migliore, ma sono comunque meglio del mio predecessore”, ha detto di recente – ma diverse nubi si addensano sul suo futuro politico. Il conflitto a Gaza. La crisi al confine meridionale. Un’economia non del tutto in ripresa. Le preoccupazioni per l’età avanzata. Oltre il 70% di chi lo ha votato nel 2020, dice un recente sondaggio del New York Times, ritiene che Biden sia troppo anziano per restare alla Casa Bianca. È questo il suo problema più grave. Perché il messaggio di una campagna lo si può cambiare. L’età resta quella.