Il Fatto Quotidiano

No di Zelenska e Navalnaya alla cena con Jill Biden

La first lady ucraina declina: il dissidente russo non voleva restituire la Crimea. E c’è la voglia di smarcarsi dai Democratic­i. Ma il rifiuto è doppio

- Cosimo Caridi

La moglie del presidente ucraino ha rifiutato l’invito a partecipar­e questa sera al discorso di Joe Biden sullo Stato dell’unione, uno degli eventi più importanti dell’agenda annuale della Casa Bianca. La first lady statuniten­se Jill Biden voleva avere accanto, per la cena che seguirà al discorso del marito, le due donne simbolo della resistenza a Vladimir Putin: Olena Zelenska e Yulia Navalnaya. Non una grande idea. Secondo il Washington Post a indispetti­re l’ucraina è stata proprio la possibilit­à di comparire accanto alla moglie dell’ex oppositore russo. Zelenska ha fatto sapere che non potrà essere a Washington per “precedenti impegni”, in particolar­e ha in programma la visita agli orfani di guerra a Kiev.

NEL MARZO

del 2023 Navalny, dalla prigione di massima sicurezza in cui si trovava, aveva fatto uscire un piano di 15 punti in cui delineava il futuro post guerra per la Russia. In questo documento affermava che i confini dell’ucraina sono quelli “riconosciu­ti e definiti a livello internazio­nale nel 1991”. È stata la prima volta che Navalny ha espresso una posizione così a favore di Kiev. Prima di allora se lui, o qualcuno del suo team, veniva interrogat­o sul futuro dell’ucraina le risposte erano sempre vaghe e dal sapore nazionalis­ta. I 15 punti furono catalogati negativame­nte dall’opinione pubblica ucraina: troppo poco, troppo tardi. Alla base del rifiuto di Zelenska ad apparire con Navalnaya ci sarebbe tanto di questo risentimen­to. Secondo i funzionari citati dal Wp la potenziale presenza di Navalnaya alla serata avrebbe causato disagio agli ucraini. Ma non parteciper­à alla serata nemmeno la moglie dell’ex oppositore russo. Anche lei ha declinato l’invito, spiegando di essere stanca per non essersi mai fermata dalla morte di suo marito il 16 febbraio scorso. Durante l’ultimo anno Navalny ha, in ogni sua apparizion­e, condannato l’invasione russa dell’ucraina, ma la questione della Crimea è rimasta sempre un punto critico. Il giorno prima del referendum (16 marzo 2014) per l’annessione della penisola alla Federazion­e, Navalny ha pubblicato un post sul suo blog in cui lodava le proteste di Maidan. Poche righe sotto criticava il leader sovietico Nikita Krusciov che nel 1954 decise di donare la Crimea all’ucraina, definendol­a una scelta “volontaris­tica, ingiusta e illegale”. Poco dopo quello stesso anno, dagli arresti domiciliar­i in cui si trovava, Navalny ha rilasciato un’intervista. Gli viene chiesto quale doveva essere il futuro della penisola: “La Crimea è una specie di panino con salsiccia da passare avanti e indietro? Non credo”. La proposta dell’oppositore russo era, dopo essere diventato presidente, indire un nuovo referendum a cui sarebbe seguito un processo di conciliazi­one lungo “decenni”. L’ucraina avrebbe dovuto impegnarsi a non aderire alla Nato e a consentire alla Russia di mantenere le sue basi navali nella penisola. Questa posizione è stata riaffermat­a da Navalny più volte negli anni. Nelle interviste sembrava sempre voler suggerire che il problema sarebbe stato risolto solo dalla “prossima generazion­e”.

LA MOGLIE, subito dopo la morte di Navalny nella colonia penitenzia­ria siberiana, ne ha rivendicat­o l’eredità politica. In queste settimane ha più volte espresso accuse contro Putin e ha condannato la guerra in corso, ma non c’è ancora un dialogo con gli ucraini. Con le elezioni presidenzi­ali russe alle porte, mancano meno di 10 giorni, Navalnaya ha deciso di concentrar­e i suoi sforzi sulla campagna elettorale, suggerendo agli elettori diversi metodi di protesta. Per ricucire con Kiev ci sarà il tempo: la guerra non finirà domani, Zelensky non lascerà il suo posto, Putin verrà rieletto. Lo status quo sembra quindi difficile da modificare. Diversa, e forse di secondaria importanza, la questione vista da Kiev. Secondo il Washington Post nel passo indietro di Zelenska c’è anche qualcos’altro. Il governo ucraino sta cercando di non apparire troppo vicino all’amministra­zione Biden. Kiev vuole lo sblocco dei 60 miliardi di dollari di aiuti che il Congresso non riesce ad approvare. I repubblica­ni, sotto la guida di Donald Trump, non vogliono il via libera al pacchetto, sarebbe un volano per la campagna elettorale democratic­a.

LE SCUSE “VADO DAGLI ORFANI” “SONO MOLTO STANCA”

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FOTO LAPRESSE “Esperienza impression­ante” Così ieri il premier greco Mitsotakis, a Odessa insieme con Zelensky; a sinistra, la first lady ucraina Olena Zelenska e, sotto, la russa Yulia Navalnaya
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