La Wikileaks della transizione di genere: “Regole dannose”
“Bucate” le chat della World professional association: “Troppe persone fragili indirizzate alle terapie, etica medica violata”
Negli Usa è già scandalo. Anche perché, come scrive The Economist, “poche aree della medicina suscitano emozioni forti in America come la cura dei transgender”. I protocolli della Wpath (World professional association for transgender), la massima autorità mondiale nel trattamento della disforia di genere e del percorso di transizione, non sarebbero affatto esenti da sospetti sulla massima aderenza alle evidenze scientifiche. Anzi. Per il giornalista e ambientalista Michael Shellenberger, fondatore dell’organizzazione non profit Environmental Progress, gli esperti che dettano a quasi tutto il mondo le linee guida “violano costantemente l’etica medica” e l’obbligo del consenso informato. Anche quando la pratica clinica riguarda bambini e adolescenti trans, che non sono nelle condizioni di comprendere (né riescono a farlo i loro genitori) le conseguenze a lungo termine dei trattamenti, ormonali o chirurgici, per l’affermazione di genere. Si arriva al punto di avviare alla transizione anche soggetti con gravi malattie mentali, come la schizofrenia o il disturbo dissociativo dell’identità, e persone in condizioni di estrema fragilità sociale come i senzatetto. Va detto che Shellenberger è un personaggio controverso. Ma è pur vero che la sua organizzazione è riuscita a mettere le mani su centinaia di post riservati provenienti da un forum di messaggistica della Wpath con i quali i medici discutono di come trattare i pazienti, arrivando a riconoscere privatamente, tra loro, il rischio di effetti collaterali che possono essere devastanti. Nei giorni scorsi ne hanno scritto anche il Telegraph e il New York Post. Gettando altra benzina sul fuoco. Sì, perché il dibattito scientifico infuria, tra i sostenitori del modello affermativo – che tende a prendere atto dell’autodefinizione del paziente e che è ancora prevalente nel mondo – e i sempre più numerosi critici – psicoanalisti, medici – che ne hanno preso radicalmente le distanze, come sta avvenendo nei Paesi scandinavi. La questione ci riguarda molto da vicino. È dei giorni scorsi la notizia che la Procura di Firenze ha aperto una inchiesta sul centro dell’ospedale Careggi di Firenze specializzato nel trattam e n t o d e l l ’ i n c o ngruenza di genere nei bambini e nei ragazzi. Un centro di eccellenza, che ormai con estrema difficoltà riesce a far fronte a una domanda in forte crescita. L’inchiesta è scattata con la trasmissione ai magistrati della relazione degli ispettori inviati dal ministro della Salute Orazio Schillaci, dopo l’interrogazione di Maurizio Gasparri e la lettera-esposto dell’avvocata Bernardini de Pace.
TUTTO RUOTA intorno alla triptorelina, il farmaco che blocca la pubertà (transitoriamente e con effetti reversibili) per evitare al bambino o alla bambina la sofferenza psichica generata dallo sviluppo del corpo nella direzione opposta a quella del sesso al quale sente di appartenere, per consentire la maturazione di una scelta consapevole senza sperimentare dolore. Pratica importata dall’olanda, dove è stata sviluppata. Per tanti genitori il centro del Careggi ha salvato i loro figli. Per molti altri sarebbe mancata un’indagine adeguata su altre possibili cause del malessere.
Ma il punto è che la struttura toscana segue le indicazioni della Wpath, guidata da un ginecologo e chirurgo americano, Marci Bowers, e dall’endocrinologo pediatrico canadese Daniel Metzger. I file ottenuti dall’organizzazione di Shellenberger sembrano dimostrare scarsa considerazione per gli effetti nel lungo periodo dei trattamenti. “I membri dell’associazione – scrive il giornalista statunitense – sanno che i bloccanti della pubertà, gli ormoni e i trattamenti chirurgici causano infertilità e altre complicazioni, tra le quali il cancro e la disfunzione del pavimento pelvico”. Il tema è quasi sempre affrontato con furore ideologico. Forse è vero, come osserva l’economist che “sostenere che i post rivelano una diffusa negligenza medica è un’affermazione discutibile. Ma le discussioni dei membri Wpath sollevano molti dubbi sull’erogazione dell’assistenza sanitaria per l’affermazione di genere rispetto al messaggio che l’associazione, secondo la quale tali trattamenti non sono sperimentali, vuole lanciare all’esterno”.
IN ITALIA AL “CAREGGI” SEGUITI GLI STESSI PROTOCOLLI