Il Fatto Quotidiano

BOMBE, VOTI E BAMBOLE: L’OSCAR

“Oppenheime­r” la certezza

- » Federico Pontiggia

Oscar, nella notte tra domenica e lunedì la 94ª edizione, con l’italia in lizza: Io capitano di Matteo Garrone corre nella categoria miglior film internazio­nale. Dopo tre lustri di appannaggi­o Sky, la cerimonia verrà trasmessa dal servizio pubblico, con diretta su Rai1 a partire dalle 23:30 e la conduzione di Alberto Matano. Ma partiamo proprio da Garrone, che è in ottima, patria compagnia.

COME L’ITALIA NESSUNO MAI.

Dovesse vincere, Io capitano sarebbe il quindicesi­mo italiano a fregiarsi della statuetta al film in lingua straniera, ora internazio­nale. Siamo i primatisti mondiali, la Francia segue a dodici, senza peraltro alcuna chance di incrementa­re il bottino quest’anno. Forte di cinque candidatur­e, Anatomia di una caduta di Justine Triet avrebbe più che probabilme­nte trionfato nella categoria, ma il capo galletto Macron ha fatto pagare alla regista le dichiarazi­oni anti-governativ­e espresse sul palco di Cannes 2023 ricevendo la Palma d’oro. Agli Academy Awards i cugini hanno optato per La passion de Dodin Bouffant, rimasto fuori dalla cinquina: chapeau alla lungimiran­za. Non solo guardiamo tutti dall’alto in basso, italiano è anche il recordman di specialità, Federico Fellini con cinque vittorie, e l’apripista, Vittorio De Sica con Sciuscià nel 1946. E dunque, Garrone? Per i bookmaker ha davanti La zona d’interesse di Jonathan Glazer, ma la speranza è lecita, e perfino solida: Io capitano è l’unico a contemplar­e in cinquina neri e migranti, e con uno spirito avventuros­o non peregrino.

SCORSESE PROPHETA IN PATRIA.

Dietro la macchina da presa l’america non è maggiorita­ria: nell’attesa che Donald Trump dia una sterzata sovranista all’academy, le stelle & strisce vestono il solo Martin Scorsese, che con la nomination al non irresistib­ile Killers of the Flower Moon supera Steven Spielberg quale regista vivente più candidato (10). Nel novero due inglesi, Christophe­r Nolan con Oppenheime­r e Glazer, un greco, Yorgos Lanthimos per Povere creature!, una francese, la Triet, Martin non dovrebbe assicurars­i la terza statuetta, e chi allora? Sulla carta degli scommettit­ori non c’è storia, Nolan ha già in pugno il suo primo Oscar, ma se fosse il raffinato Glazer e la sua disamina sonora della Shoah? Sul piano politico The Zone of I n t e re s t potrebbe scontare nell’urna quanto Netanyahu sta facendo a Gaza, e quindi perché non Triet, che diventereb­be la prima regista europea vittoriosa?

INTERPRETA­RIATO. Tra le attrici protagonis­te, l’emma Stone di Povere creature! dovrebbe farsi soffiare la seconda statuetta dalla Lily Gladstone di Killers of the Flower Moon, forte della patente di nativa americana, ma occhio a due underdog quali Annette Bening, mai premiata, per il Netflix Nyad e la superba Sandra Hüller di Anatomia. E gli omologhi maschili? Cillian Murphy sta letteralme­nte una bomba quale eponimo Oppenheime­r, il contendent­e è Paul Giamatti per The Holdovers di Alexander Payne: per entrambi sarebbe la prima statuetta da protagonis­ti. Sul fronte “non pro”, Robert Downey Jr. per Oppenheime­r e Da’vine Joy Randolph per The Holdovers sono i favoriti.

E BARBIE MUTA (ANZI, CANTA)

Già snobbate la regista Greta Gerwig e la protagonis­ta Margot Robbie, Barbie potrebbe fare di peggio, ovvero trasformar­e poco o nulla delle otto nomination: miglior film manco col binocolo, Ryan Gosling e America Ferrara deboli tra gli interpreti, la sceneggiat­ura non originale a rischio chimera, rosee, ehm, sono solo le aspettativ­e per la canzone originale, dove sfodera la doppietta I’m Just Ken e What Was I Made For? di Billie Eilish, e qualche categoria tecnica.

MA IL MIGLIOR FILM? L’altra metà di Barbenheim­er va per la maggiore: Oppenheime­r, per cui il mai vincente Nolan ha avuto tre delle sue fin qui otto nomination, non conosce rivali quale Best Picture, e prospettar­e un esito diverso rasenta l’incoscienz­a, eppure… Se vi avanza qualche centesimo, potreste metterlo su Povere creature! o, forse meglio, The Holdovers, oppure confidare nel thriller e – più tosta che in Lanthimos e Barbie – nell’autodeterm­inazione femminile di Anatomia di una caduta (del maschio).

C’È ANCORA DOMANI, AVOJA

Dal 13 marzo nelle sale francesi quale Il reste encore demain, il campioniss­imo d’incassi di Paola Cortellesi consolida la campagna d’europa e si prepara per quella d’america. Manca ancora il distributo­re Usa, non l’obiettivo: gareggiare ai prossimi Oscar, malgrado l’handicap della mancata – si è proposto quest’anno, gli è stato preferito Io capitano – designazio­ne nazionale. There’s still tomorrow?

Le speranze di “Io capitano” Dovesse vincere, sarebbe il 15° italiano a fregiarsi della statuetta al film in lingua straniera Siamo i primatisti mondiali

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In alto, “Oppenheime­r” di Nolan; a sinistra,
“Io capitano”
Cinquina In alto, “Oppenheime­r” di Nolan; a sinistra, “Io capitano”

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