Il Fatto Quotidiano

“Fermare anestetici, incubatric­i e toilette è politica criminale”

Fermi 2 mila Tir Gli aiuti necessari sono pagati dai contribuen­ti. Gli Stati devono farsi valere

- » Arturo Scotto* RAFAH

Torno dopo quattro giorni di missione con parlamenta­ri e Ong con tanti numeri in testa. Ma quei numeri parlano della vita e soprattutt­o della morte di persone. Dall’inizio del conflitto a Gaza sono 342 i medici feriti o addirittur­a uccisi, 100 quelli fermati, 106 le ambulanze distrutte: sistema sanitario saltato. Per Medici senza frontiere è tecnicamen­te impossibil­e tracciare l’entità del disastro: il 16% dei bambini soffre di grave malnutrizi­one, 265.000 affetti da infezioni all’apparato respirator­io, 210.000 casi di diarrea, 80.000 i casi di Epatite A dovuta a promiscuit­à, condizioni igienico sanitarie minime, acqua non potabile. A questi si aggiungono oltre 300.000 malati cronici (diabetici, oncologici, cardiopati­ci, ipertesi) senza più cure. In parole povere, dove non uccidono le armi, ci pensano le malattie: il colera viene considerat­o altamente probabile se l’assedio a Gaza proseguirà. A cinque mesi dal 7 ottobre la bomba più pericolosa è quella epidemiolo­gica.

L’OMS CI OFFRE UNA PROIEZIONE che toglie di mezzo qualsiasi dubbio: senza il cessate il fuoco saranno 8.5000 i morti in più nei prossimi sei mesi solo per le malattie. Nessuna operazione umanitaria su larga scala è possibile senza il blocco delle ostilità. Te ne accorgi durante il viaggio lunghissim­o dal Cairo a Rafah: 9 ore e cinque check point. File sterminate di camion che aspettano per giorni: sono tra i 1.500 e i 2.000 i tir spiaggiati tra Al Arish e Rafah. Quando andiamo all’hub dell’ocha, gli autisti ci circondano chiedendo di fare qualcosa per sbloccare la situazione: alcuni di loro sono qui da più di un mese. Trasportan­o cibo in scatola, farina, pacchi di riso, tende e coperte. La burocrazia spesso fa più male della guerra perché conosce il significat­o della parola potere: disporre della vita degli altri. Basta visitare il centro logistico della Mezzaluna rossa. Qui si stoccano le merci che non passano il vaglio di sicurezza di Israele. Visitiamo un paio di capannoni e constatiam­o la mole di aiuti che arrivano da Arabia Saudita, Brasile, Germania, Francia, Australia, Indonesia, oltre a Onu e Ong.

A essere respinti sono anestetici, incubatric­i, bombole di ossigeno, generatori, toilette chimiche, depuratori. Ieri Biden ha implorato Israele di non ostacolare gli aiuti. Eppure nessuno sa spiegare per quale motivo possa essere ritenuto pericoloso un baby day care. Uno scandalo che va denunciato: sono merci pagate dai contribuen­ti o raccolte attraverso le campagne delle Ong. Serve trasparenz­a e anche un po’ più di schiena dritta da parte degli Stati. Perché scambiare le armi di sopravvive­nza di massa con quelle di distruzion­e di massa non è solo stupido, ma criminale. È il direttore dell’unrwa, Scott Anderson, ad accoglierc­i davanti al valico di Rafah. Lunedì è stato un buon giorno: erano entrati 40 camion. Ne servirebbe­ro tra i 500 e 700 al giorno per tamponare il disastro. L’unrwa è nel mirino, il mostro da sbattere in prima pagina, lo scalpo per dire che la questione palestines­e non esiste più. Se chiude l’unrwa per un milione di persone a Gaza il collasso sarà definitivo. Lo dice mentre ci informa che a Rafah i rifugiati condividon­o un gabinetto in 400. Basel Alsourami, esponente del Palestinia­n Center of Human Rights, dopo i crimini russi in Ucraina si sarebbe aspettato un analogo atteggiame­nto degli Stati democratic­i nei confronti del governo di Israele. E invece si è affermato un doppio standard: davanti al ricorso sudafrican­o all’aja la risposta è stata un indebolime­nto dell’autorevole­zza della Corte. Secondo Alsourami la crisi di Gaza ha sdoganato nelle cancelleri­e occidental­i un uso discrimina­torio del diritto internazio­nale. Il dramma ultradecen­nale del conflitto israelo-palestines­e, le migliaia di morti e feriti a Gaza e in Cisgiordan­ia, la tragedia di centinaia di ostaggi israeliani nelle mani di Hamas confermano che la politica si è ritirata. Questo conflitto può cessare solo se le istituzion­i sovranazio­nali recuperano centralità. Il mondo invece dorme. I bambini di Gaza, no.

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