Biden: “Un porto a Gaza” A Tel Aviv 100 invii di armi
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Un porto galleggiante a Gaza, attraverso cui far affluire gli aiuti umanitari e costruito dai militari statunitensi. Lo annuncia Joe Biden nel suo discorso sullo Stato dell’unione. L’occasione scelta da Biden – il discorso più importante dell’anno – rivela l’urgenza della crisi umanitaria nella Striscia. La gente non muore più solo per le bombe, ma anche per fame. Emerge però un’altra notizia. Dall’inizio della guerra a Gaza, l’amministrazione Usa ha inviato a Israele centinaia di forniture militari. Vendite di armi letali, non rivelate precedentemente al Congresso.
NELL’ANNUNCIARE
la costruzione del porto a Gaza, la Casa Bianca ha parlato di una “missione di emergenza”, che consentirà l’entrata di centinaia di carichi umanitari per mare nella Striscia. Sarà una missione particolarmente complicata da un punto di vista logistico. Ci vorranno settimane per costruire il porto. A esso lavoreranno centinaia di soldati americani, che dovranno però restare di stanza sulle navi Usa, in quanto nessun soldato americano deve toccare il suolo di guerra. Fonti dell’amministrazione hanno anche chiarito che parteciperanno altri Paesi della regione. Non è chiaro se, tra questi, ci sarà anche Israele. L’idea del porto galleggiante è l’ennesima soluzione emergenziale cui l’amministrazione giunge per cercare di far entrare cibo, acqua, medicinali nella Striscia assediata. È soluzione che richiede più tempo e risorse rispetto a quella del lancio degli aiuti dal cielo mediante aerei militari. L’arrivo di aiuti via mare consente una distribuzione più ordente
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dinata. Restano alcuni punti non molto chiari della missione. Anzitutto di quanto tempo l’army Corps of Engineeers avrà bisogno per costruire il porto galleggiante. Non è chiaro poi dove questa struttura verrà collocata. Dovrebbe essere costruita al largo di Gaza, per poi venire trasportata e fissata alla terraferma.
L’arrivo di aiuti per cielo e mare non risolve comunque il problema, che è essenzialmente politico, e che riguarda l’impossibilità di far entrare i carichi umanitari via terra, mentre i bombardamenti delle forze israeliane continuano violentissimi nel Sud. E sono proprio ragioni politiche che hanno spinto Biden a scegliere il discorso sullo Stato dell’unione per annunciare la missione. Il presiè sotto pressione. Settori sempre più ampi di mondo democratico e progressista lo accusano di fare troppo poco per limitare l’offensiva militare di Israele e alleviare le condizioni disastrose della popolazione a Gaza. La protesta è diventata visibile durante le primarie, quando migliaia di democratici in Michigan e Minnesota hanno votato “uncommitted”. Biden non poteva far finta di niente. Il porto galleggiante è una prima, parziale risposta. Sempre nel senso di un allentamento della tensione nell’area va visto il viaggio del direttore della Cia, Bill Burns, volato al Cairo e a Doga, per i negoziati. Rappresentanti delle famiglie degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas
hanno presenziato al discorso sullo Stato dell’unione di Biden al Congresso. Il problema è che, mentre si annunciano misure per la popolazione di Gaza, emerge la notizia che l’amministrazione ha in gran segreto venduto armi a Israele. Si tratta, secondo membri dell’amministrazione di oltre cento invii di armi letali. Le vendite hanno riguardato migliaia di munizioni guidate di precisione, bombe a piccolo diametro e “bunker buster”, armi di piccolo calibro. Sinora erano note due vendite a Israele dal 7 ottobre: una da 106 milioni di dollari di munizioni per carri armati, l’altra da 147,5 milioni di componenti per la costruzione di mine. Le vendite segrete, tra i poteri del presidente in emergenza, rivelano il grado di coinvolgimento Usa in un conflitto che ha fatto oltre 30 mila vittime.