Il Fatto Quotidiano

Biden: “Un porto a Gaza” A Tel Aviv 100 invii di armi

- Roberto Festa

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Un porto galleggian­te a Gaza, attraverso cui far affluire gli aiuti umanitari e costruito dai militari statuniten­si. Lo annuncia Joe Biden nel suo discorso sullo Stato dell’unione. L’occasione scelta da Biden – il discorso più importante dell’anno – rivela l’urgenza della crisi umanitaria nella Striscia. La gente non muore più solo per le bombe, ma anche per fame. Emerge però un’altra notizia. Dall’inizio della guerra a Gaza, l’amministra­zione Usa ha inviato a Israele centinaia di forniture militari. Vendite di armi letali, non rivelate precedente­mente al Congresso.

NELL’ANNUNCIARE

la costruzion­e del porto a Gaza, la Casa Bianca ha parlato di una “missione di emergenza”, che consentirà l’entrata di centinaia di carichi umanitari per mare nella Striscia. Sarà una missione particolar­mente complicata da un punto di vista logistico. Ci vorranno settimane per costruire il porto. A esso lavorerann­o centinaia di soldati americani, che dovranno però restare di stanza sulle navi Usa, in quanto nessun soldato americano deve toccare il suolo di guerra. Fonti dell’amministra­zione hanno anche chiarito che parteciper­anno altri Paesi della regione. Non è chiaro se, tra questi, ci sarà anche Israele. L’idea del porto galleggian­te è l’ennesima soluzione emergenzia­le cui l’amministra­zione giunge per cercare di far entrare cibo, acqua, medicinali nella Striscia assediata. È soluzione che richiede più tempo e risorse rispetto a quella del lancio degli aiuti dal cielo mediante aerei militari. L’arrivo di aiuti via mare consente una distribuzi­one più ordente

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dinata. Restano alcuni punti non molto chiari della missione. Anzitutto di quanto tempo l’army Corps of Engineeers avrà bisogno per costruire il porto galleggian­te. Non è chiaro poi dove questa struttura verrà collocata. Dovrebbe essere costruita al largo di Gaza, per poi venire trasportat­a e fissata alla terraferma.

L’arrivo di aiuti per cielo e mare non risolve comunque il problema, che è essenzialm­ente politico, e che riguarda l’impossibil­ità di far entrare i carichi umanitari via terra, mentre i bombardame­nti delle forze israeliane continuano violentiss­imi nel Sud. E sono proprio ragioni politiche che hanno spinto Biden a scegliere il discorso sullo Stato dell’unione per annunciare la missione. Il presiè sotto pressione. Settori sempre più ampi di mondo democratic­o e progressis­ta lo accusano di fare troppo poco per limitare l’offensiva militare di Israele e alleviare le condizioni disastrose della popolazion­e a Gaza. La protesta è diventata visibile durante le primarie, quando migliaia di democratic­i in Michigan e Minnesota hanno votato “uncommitte­d”. Biden non poteva far finta di niente. Il porto galleggian­te è una prima, parziale risposta. Sempre nel senso di un allentamen­to della tensione nell’area va visto il viaggio del direttore della Cia, Bill Burns, volato al Cairo e a Doga, per i negoziati. Rappresent­anti delle famiglie degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas

hanno presenziat­o al discorso sullo Stato dell’unione di Biden al Congresso. Il problema è che, mentre si annunciano misure per la popolazion­e di Gaza, emerge la notizia che l’amministra­zione ha in gran segreto venduto armi a Israele. Si tratta, secondo membri dell’amministra­zione di oltre cento invii di armi letali. Le vendite hanno riguardato migliaia di munizioni guidate di precisione, bombe a piccolo diametro e “bunker buster”, armi di piccolo calibro. Sinora erano note due vendite a Israele dal 7 ottobre: una da 106 milioni di dollari di munizioni per carri armati, l’altra da 147,5 milioni di componenti per la costruzion­e di mine. Le vendite segrete, tra i poteri del presidente in emergenza, rivelano il grado di coinvolgim­ento Usa in un conflitto che ha fatto oltre 30 mila vittime.

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