Caso verbali Amara: Davigo condannato anche in appello
Rivelazione di segreto: 1 anno e 3 mesi
Confermata la condanna di Piercamillo Davigo anche in appello. L’ex pm di Mani Pulite è stato condannato a 1 anno e 3 mesi dalla Corte d’appello di Brescia per rivelazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda dei verbali di Piero Amara, ex avvocato esterno dell’eni, su una presunta loggia Ungheria. Quei verbali, in formato Word, furono dati a Davigo, quando era consigliere del Csm, dal pm milanese Paolo Storari. L’ex magistrato dovrà anche risarcire con 20 mila euro la parte civile Sebastiano Ardita, procuratore aggiunto di Catania, tra i fondatori proprio con Davigo di Autonomia e Indipendenza, e con lui al Csm.
Storari, invece, è stato assolto dalla stessa accusa nel processo con rito abbreviato. La vicenda si innesta nel periodo in cui Amara in più interrogatori, tra il 6 dicembre del 2019 e l’11 gennaio 2020, a Milano, nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto “falso complotto Eni” parla, appunto della presunta loggia Ungheria e chiama in causa esponenti delle istituzioni, delle forze armate e anche due consiglieri del Csm in carica tra cui Ardita. Amara per quelle dichiarazioni è sotto processo per calunnia.
Il pm Storari consegna a Davigo quei verbali secretati nella primavera del 2020, perché, si giustifica il pm, voleva tutelarsi da una presunta inerzia dell’allora procuratore Francesco Greco e dell’aggiunta Laura Pedio, che non avevano aperto un procedimento sulla base delle dichiarazioni di Amara. Davigo i verbali, li prende perché, ha sempre sostenuto, essendo un consigliere del Csm non valeva il segreto istruttorio. Quanto appreso da Storari (e dai verbali) Davigo ne parla con alcuni consiglieri del Csm, compreso il vicepresidente di allora David Ermini e anche con l’allora presidente dell’antimafia, Nicola Morra. Ma per l’accusa Davigo, viola il segreto, va “oltre” i suoi poteri e “aumenta il pericolo di diffusione di un’indagine segreta” che diventa “il segreto di Pulcinella”. Davigo non ha voluto rilasciare dichiarazioni dopo la conferma della condanna, ma in tutto questo tempo ha ribadito di essersi mosso “in buona fede, senz’altro scopo, se non quello di ripristinare la legalità”. Ieri ha parlato, invece, uno dei suoi legali, Davide Steccanella: “Continuo a essere convinto dell’innocenza del mio assistito. Ricorreremo
in Cassazione”. Saranno le motivazioni a far comprendere meglio le ragioni della conferma della condanna. Nelle motivazioni di primo grado, i giudici del Tribunale di Brescia avevano parlato di “modalità quasi carbonare” per la consegna dei verbali da parte di Storari a Davigo e di “smarrimento di postura istituzionale”. Fra lui e Storari si è “creato un cortocircuito sinergico reciprocamente fuorviante”. Con il secondo assolto perché “convinto di rivelare informazioni segrete a soggetto deputato a conoscerle”. Per l’’avvocato Fabio Repici, legale di Ardita, con la sentenza di ieri “è stato anche confermato che Davigo ha agito al fine di screditare Ardita in un momento delicato della vita del Csm e in un momento in cui Ardita al Csm era un ostacolo da abbattere”.