Il Fatto Quotidiano

Tim presenta il piano industrial­e e crolla in Borsa

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Free to run. Si chiama così il piano industrial­e di Tim 2023-2026 approvato mercoledì dal Cda e presentato ieri dall’ad Pietro Labriola. Tim è “libera di correre”, ma per ora solo in discesa: ieri il titolo ha perso in Borsa il 23,8%, chiudendo a 0,21 euro per azione come a dicembre 2022. Pare che i mercati non abbiamo compreso la “straordina­ria opportunit­à” che si apre per l’ex monopolist­a telefonico che ha scisso la società di servizi dalla rete e s’appresta a vendere quest’ultima al fondo Kkr: “Dobbiamo capire cosa non è stato compreso”, è la bizzarra spiegazion­e di Labriola, che quel piano aveva appena finito di spiegare al mercato. Tim – è la canzone che non è piaciuta a chi investe – in futuro sarà più libera di muoversi avendo meno debito di adesso grazie alla vendita dell’infrastrut­tura: la crescita dei ricavi è prevista del 3% medio annuo nel triennio, l’utile al lordo delle tasse dell’8% annuo, il ritorno al dividendo forse, chissà. Investitor­i e analisti, però, ritengono che il debito della nuova società senza rete (Serviceco) non calerà quanto promette il management: la leva finanziari­a di qui al 2026 assorbirà molte più risorse di quanto prevede la società, compromett­endo il quadro dei conti. Intanto il primo azionista Vivendi, contrario alla vendita della rete e che ha avviato la battaglia legale per annullarla, s’è decisa a svalutare di 1,3 miliardi di euro la sua quota di Tim (nel 2015 comprò a oltre 1 euro per azione): la media company francese fa sapere che la partecipaz­ione le è costata una perdita netta di quasi 400 milioni (finora).

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