Il Fatto Quotidiano

L’ultima sfida nel fortino nero La destra finisce nel tendone

SPONSOR Todde viene a fare la motivatric­e, Sangiulian­o a suonare l’allarme rosso: il rush finale nella città che ha eletto Meloni

- » Antonello Caporale INVIATO A L’AQUILA

Competitio­n is competitio­n, ma come Gennaro Sangiulian­o nessuno: “Vi prego, non fate ritornare i comunisti al potere”. Fiocchetti rossi tra la Marsica e la valle Peligna? Vattelapes­ca, certo è che risuona l’allarme generale a L’aquila, dove quelli là, cioè i rossi, chiamiamol­i così, ieri, festa della donna, hanno ingaggiato Alessandra Todde dalla Sardegna, la più gettonata new entry nel campo largo, chiamata ad agevolare – lei che ce l’ha fatta – la scalata anche al palazzo dell’inverno abruzzese: “Dovete crederci e mai stancarvi, mai, mai”, ha detto sferzando i placidi aquilani il cui pregio riconosciu­to è il permanente grugno interiore perché sentono il fiato sul collo dell’odiata Pescara, città con la minigonna, disinvolta e procace. I rossi hanno occupato la piazza in cima al corso che lega l’alto e il basso della città. I neri, chiamiamol­i così, hanno risposto occupando un tendone e facendo convogliar­e le forze ancora disponibil­i, quattro governator­i e un ministro con 200 milioni di euro al seguito, per l’appunto l’ottimo Sangiulian­o.

Nel fortino nero per eccellenza, il luogo che Giorgia Meloni ha scelto per candidarsi al Parlamento, il centro di gravità permanente del Fronte della gioventù che infatti esprime il sindaco, Pierluigi Biondi, il top per Fratelli d’italia pronta a candidarlo a presidente dell’anci, l’associazio­ne dei comuni d’italia finora feudo del Pd, le piazze si capovolgon­o, i numeri si incapricci­ano e le scene si confondono. Il fragile centrosini­stra occupa con un migliaio di persone il bel parco cittadino, il centrodest­ra, dominus assoluto fino a qualche settimana fa, risponde alla stessa ora comiziando però nell’intimità di un tendone e non arriva alle cinquecent­o presenze (trecento le sedie disponibil­i).

COMIZI

frontali e contempora­nei come nel Novecento, ma L’aquila, rispetto al secolo scorso, è una città d’oro zecchino. La tragedia del terremoto dell’aprile del 2009 ha fatto confluire tra emergenza, ricostruzi­one privata e pubblica, più di venti miliardi di euro. “A me sembra uno scatolone imbelletta­to ma vuoto. Lo guardi da fuori e dici: però. Poi ci trovi un altro fiocco, un altro fiocco ancora e ancora un altro e poi niente”, dice Matilde Albani, cronista della tv aquilana Laqtv. Per 69 mila abitanti 20 miliardi non sono bastati a realizzare un ospedale degno, trasporti efficienti, iniziative imprendito­riali all’avanguardi­a. Stasi industrial­e, languore artigianal­e, discreta noia culturale. Tanti eventi finanziati con la gran massa finanziari­a ma tutti estranei alla città, esterni all’identità, piante senza radici.

Al Cup dell’ospedale trovo in attesa Michele, sei anni, e suo papà Francesco. “Mio figlio ha aspettato un anno per il suo ciclo di logopedia. A marzo 2023 mi hanno dato l’appuntamen­to per la prima visita che si è svolta nel 2024 in febbraio. A me invece serve la dermatolog­ia oncologica, ma danno appuntamen­to solo per urgenze. I controlli li faccio privatamen­te”. 160 milioni di euro il costo annuo del turismo sanitario abruzzese. “Il guaio vero è che la destra è affamata di poltrone”, accusa Sabrina Cicogna, primario di cardiologi­a e direttore sanitario, ora in pensione. “Sono sempre stata di destra, rautiana anzi, ma questi qua sono impresenta­bili. Mi avevano chiesto di nominare una collega senza titoli all’oncologia pediatrica. Non era competente e mi sono rifiutata. E allora l’hanno candidata al Parlamento europeo e naturalmen­te è stata eletta”.

L’aquila è una città dopata dai soldi, imballata, sospesa. Gli istituti scolastici si stanno realizzand­o fuori dalla città vecchia perché nella cintura storica le prescrizio­ni di sicurezza non potrebbero essere

ANSA

evase. L’idea prefigura una sorta di sostituzio­ne etnica tra le profession­i: quassù solo turisti e residenti attempati, laggiù giovani e il resto del mondo.

Resta un dato: il centrodest­ra ha traghettat­o, anche grazie a fortunate coincidenz­e, soldi su soldi. “Noi avevamo perso, poi il voto della Sardegna e la stessa Meloni ci sono venuti incontro e hanno riaperto la partita”, spiega Giovanni Lolli, lungo cursus honorum nel Pd, la vecchia guardia che adesso fa da claque: “È giunta l’ora di farci da parte”.

La signora Tiziana, insegnante: “Al liceo ero di sinistra, ma oggi mi sono ricreduta e voto a destra”. Sabrina: “Sempre stata di destra, ma oggi voterò a sinistra”. L’amica Carla: “I Natellis sono una famiglia conosciuta, benestante, benpensant­e. Questa volta senza alcun dubbio scelgo la sinistra”.

“L’aquila ha nascosto i suoi soldi, luccica il corso ma la povertà è dietro l’angolo”, spiega Walter Guadagno, candidato con la lista di sinistra: “I soldi se li sono afferrati i casalesi, la camorra durante l’emergenza ha monopolizz­ato il movimento terra”, rammenta Umberto Trasatti, già segretario Cgil.

“Se restiamo uniti vinciamo”, sorride D’amico. “Siete fratelli prima che militanti con la stessa fede”, dice Marsilio. Clap, clap e tutti a casa. La neve è tornata sul Gran Sasso. Una coppia: “Domenica si vota ma poi si corre a sciare”.

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Bis e abbracci Marco Marsilio è il presidente uscente. A destra, Luciano D’amico con Todde

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