L’ultima sfida nel fortino nero La destra finisce nel tendone
SPONSOR Todde viene a fare la motivatrice, Sangiuliano a suonare l’allarme rosso: il rush finale nella città che ha eletto Meloni
Competition is competition, ma come Gennaro Sangiuliano nessuno: “Vi prego, non fate ritornare i comunisti al potere”. Fiocchetti rossi tra la Marsica e la valle Peligna? Vattelapesca, certo è che risuona l’allarme generale a L’aquila, dove quelli là, cioè i rossi, chiamiamoli così, ieri, festa della donna, hanno ingaggiato Alessandra Todde dalla Sardegna, la più gettonata new entry nel campo largo, chiamata ad agevolare – lei che ce l’ha fatta – la scalata anche al palazzo dell’inverno abruzzese: “Dovete crederci e mai stancarvi, mai, mai”, ha detto sferzando i placidi aquilani il cui pregio riconosciuto è il permanente grugno interiore perché sentono il fiato sul collo dell’odiata Pescara, città con la minigonna, disinvolta e procace. I rossi hanno occupato la piazza in cima al corso che lega l’alto e il basso della città. I neri, chiamiamoli così, hanno risposto occupando un tendone e facendo convogliare le forze ancora disponibili, quattro governatori e un ministro con 200 milioni di euro al seguito, per l’appunto l’ottimo Sangiuliano.
Nel fortino nero per eccellenza, il luogo che Giorgia Meloni ha scelto per candidarsi al Parlamento, il centro di gravità permanente del Fronte della gioventù che infatti esprime il sindaco, Pierluigi Biondi, il top per Fratelli d’italia pronta a candidarlo a presidente dell’anci, l’associazione dei comuni d’italia finora feudo del Pd, le piazze si capovolgono, i numeri si incapricciano e le scene si confondono. Il fragile centrosinistra occupa con un migliaio di persone il bel parco cittadino, il centrodestra, dominus assoluto fino a qualche settimana fa, risponde alla stessa ora comiziando però nell’intimità di un tendone e non arriva alle cinquecento presenze (trecento le sedie disponibili).
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frontali e contemporanei come nel Novecento, ma L’aquila, rispetto al secolo scorso, è una città d’oro zecchino. La tragedia del terremoto dell’aprile del 2009 ha fatto confluire tra emergenza, ricostruzione privata e pubblica, più di venti miliardi di euro. “A me sembra uno scatolone imbellettato ma vuoto. Lo guardi da fuori e dici: però. Poi ci trovi un altro fiocco, un altro fiocco ancora e ancora un altro e poi niente”, dice Matilde Albani, cronista della tv aquilana Laqtv. Per 69 mila abitanti 20 miliardi non sono bastati a realizzare un ospedale degno, trasporti efficienti, iniziative imprenditoriali all’avanguardia. Stasi industriale, languore artigianale, discreta noia culturale. Tanti eventi finanziati con la gran massa finanziaria ma tutti estranei alla città, esterni all’identità, piante senza radici.
Al Cup dell’ospedale trovo in attesa Michele, sei anni, e suo papà Francesco. “Mio figlio ha aspettato un anno per il suo ciclo di logopedia. A marzo 2023 mi hanno dato l’appuntamento per la prima visita che si è svolta nel 2024 in febbraio. A me invece serve la dermatologia oncologica, ma danno appuntamento solo per urgenze. I controlli li faccio privatamente”. 160 milioni di euro il costo annuo del turismo sanitario abruzzese. “Il guaio vero è che la destra è affamata di poltrone”, accusa Sabrina Cicogna, primario di cardiologia e direttore sanitario, ora in pensione. “Sono sempre stata di destra, rautiana anzi, ma questi qua sono impresentabili. Mi avevano chiesto di nominare una collega senza titoli all’oncologia pediatrica. Non era competente e mi sono rifiutata. E allora l’hanno candidata al Parlamento europeo e naturalmente è stata eletta”.
L’aquila è una città dopata dai soldi, imballata, sospesa. Gli istituti scolastici si stanno realizzando fuori dalla città vecchia perché nella cintura storica le prescrizioni di sicurezza non potrebbero essere
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evase. L’idea prefigura una sorta di sostituzione etnica tra le professioni: quassù solo turisti e residenti attempati, laggiù giovani e il resto del mondo.
Resta un dato: il centrodestra ha traghettato, anche grazie a fortunate coincidenze, soldi su soldi. “Noi avevamo perso, poi il voto della Sardegna e la stessa Meloni ci sono venuti incontro e hanno riaperto la partita”, spiega Giovanni Lolli, lungo cursus honorum nel Pd, la vecchia guardia che adesso fa da claque: “È giunta l’ora di farci da parte”.
La signora Tiziana, insegnante: “Al liceo ero di sinistra, ma oggi mi sono ricreduta e voto a destra”. Sabrina: “Sempre stata di destra, ma oggi voterò a sinistra”. L’amica Carla: “I Natellis sono una famiglia conosciuta, benestante, benpensante. Questa volta senza alcun dubbio scelgo la sinistra”.
“L’aquila ha nascosto i suoi soldi, luccica il corso ma la povertà è dietro l’angolo”, spiega Walter Guadagno, candidato con la lista di sinistra: “I soldi se li sono afferrati i casalesi, la camorra durante l’emergenza ha monopolizzato il movimento terra”, rammenta Umberto Trasatti, già segretario Cgil.
“Se restiamo uniti vinciamo”, sorride D’amico. “Siete fratelli prima che militanti con la stessa fede”, dice Marsilio. Clap, clap e tutti a casa. La neve è tornata sul Gran Sasso. Una coppia: “Domenica si vota ma poi si corre a sciare”.