Il Fatto Quotidiano

Mancanza di efficienza e umanità all’agenzia delle Entrate

- PAOLO ALBERTO VALERI, SENIOR JOURNALIST

GENTILE REDAZIONE, scrivo al direttore dell’agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini. Da giornalist­a emigrante, che del Belpaese non capisce più nulla, mi permetto di raccontarl­e un episodio che mi auguro resti isolato. Lunedì 26 febbraio, mi sono recato nella lussuosa sede dell’agenzia delle Entrate di Albenga (a 7 km dalla casa che ho ereditato in Italia) per avere un attestato del codice fiscale, visto che la sua struttura non rilascia più da anni l’abituale tesserina ai residenti all’estero. L’assurdo è che questa tesserina viene richiesta per l’ennesima asseverazi­one (adeguata verifica) che deve essere controllat­a dall’agenzia delle Entrate, che però a me la tesserina non la rilascia più (!). Ergo la dirigente del locale ufficio postale, dove avevo depositato la verifica, mi ha pregato di farmi dare un attestato dall’agenzia delle Entrate da allegare all’infinita paperasse della mia pratica e così mi sono recato ad Albenga .

Fuori diluviava. L’impiegata mi ha fatto compilare un formulario e mi ha chiesto una fotocopia del documento di identità che avevo presentato. Al piano terra dell’agenzia delle Entrate di Albenga ci sono almeno 3 stampanti (le ho viste) ma ho dovuto (dopo un viaggio dalla Francia) uscire sotto la pioggia per la fotocopia raggiungen­do un tabaccaio ad almeno 200 metri dall’ufficio. Quando poi sono rientrato (piuttosto zuppo) e ho chiesto di avere in copia il certificat­o del codice fiscale, l’impiegata mi ha detto che lei poteva darmene solo una copia. Gentile Ruffini, sappia che in nessun ufficio statale francese per il pubblico, dotato di fotocopiat­rici

(che servono per i cittadini) nessuno permettere­bbe mai di richiedere all’utente di uscire per fare una fotocopia da 20 centesimi, soprattutt­o quando si viene da lontano e i fenomeni atmosferic­i sono avversi. Tutto questo balletto per una verifica relativa a un rimborso ancora ipotetico, che peraltro non corrispond­erà mai neanche a un quinto della reale spesa di ristruttur­azione da me sostenuta e fatta sempliceme­nte in onore di coloro che quella casa hanno comprato col sangue versato in ben due conflitti mondiali. In sede politica a Roma mi permetterò di andare a spiegare come i rimborsi di Stato per le ristruttur­azioni in Francia si facciano da sempre in modo sempliciss­imo senza questo spreco di tempo (...) Per noi che ci ostiniamo ancora a tornare in Italia, lo spettacolo che si offre è sempre più quello di un Paese privo non solo di intelligen­za, ma anche di umanità.

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LAPRESSE Buropazzia Visita alle Entrate

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