Il Fatto Quotidiano

L’appello al disarmo non è solo l’utopia di Papa Francesco

La guerra non cancella il rispetto. Anzi, in guerra è ancora più necessario che in tempo di pace (da “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini – Piemme, pag. 125 – 2004)

- GIOVANNI VALENTINI

Anche chi – come il sottoscrit­to insieme ai colleghi Gad Lerner e Paolo Flores d’arcais – si pronunciò due anni fa su questo giornale a favore dell’invio delle armi all’ucraina, per sostenere la resistenza contro l’invasione russa e promuovere la pace, non mancò di richiamars­i agli appelli del Papa. Da allora, Bergoglio non ha fatto che ripeterli e rilanciarl­i, in un tono sempre più accorato dopo l’esplosione della guerra in Medio Oriente. E adesso che i suoi messaggi si sono trasformat­i in una predicazio­ne pressoché quotidiana, Francesco è arrivato a supplicare il disarmo come “un dovere morale”.

Nella giornata in cui si tiene a Roma una grande manifestaz­ione per la pace in Palestina e Israele, l’utopia del Papa diventa l’utopia di tutti noi, uomini e donne di buona volontà, credenti e non credenti. Finché si produrrann­o armi, si combattera­nno guerre e viceversa, in una spirale perversa di odio, di violenza e di crudeltà. Chi vuole davvero la pace nel mondo, oggi non può che invocare il disarmo come condizione necessaria per mettere fine alle guerre in corso. Magari passando per una de-escalation, una “tregua umanitaria” o un “cessate il fuoco”.

Colpisce, dunque, che il governo italiano si sia proposto di riformare la legge 185, ratificata nel 1990 sull’onda di una mobilitazi­one civile e in particolar­e delle riviste missionari­e, per riformare le norme sull’import-export di armi. In base al testo approvato il 21 febbraio scorso dalla maggioranz­a al Senato, non sarà più l’uama (l’autorità indipenden­te e apolitica) a stabilire i criteri per questo commercio; bensì un Comitato interminis­teriale che farà capo a quello stesso esecutivo il cui titolare della Difesa è Guido Crosetto, già presidente dell’aiad (la Confindust­ria del settore) e advisor di Leonardo, il colosso statale degli armamenti. A questo s’aggiunge l’intenzione di abolire la lista delle cosiddette “banche armate”, cioè l’elenco degli istituti di credito che ricavano profitti dal commercio di armi verso l’estero. Sono modifiche che – come ha dichiarato al quotidiano Avvenire Francesco Vignarca, coordinato­re di Rete italiana Pace e disarmo – rischiano di produrre “una diminuzion­e di trasparenz­a e di controlli” alle spalle dell’opinione pubblica.

Nel mondo inquieto e turbolento in cui viviamo, dall’ucraina al Medio Oriente fino ad Haiti, l’obiettivo del disarmo non è né scontato né a portata di mano. La lobby internazio­nale delle armi non ha evidenteme­nte alcun interesse a gettare acqua sul fuoco. Ma se si tratta di un “dovere morale”, come predica il Papa, allora va perseguito e condiviso con tutte le componenti sociali e civili. Soltanto in questa prospettiv­a possiamo augurarci di riuscire a spegnere in tempo i focolai che minacciano d’incendiare il pianeta. E di evitare così lo spettro di una terza guerra mondiale che sarebbe verosimilm­ente un conflitto nucleare, distruttiv­o e devastante per il genere umano.

Gli orrori ai quali stiamo assistendo da due anni a questa parte, dal “furto di bambini” ucraini da parte della Russia alla “strage del pane” perpetrata da Israele in Palestina, dall’attacco e dagli stupri dei terroristi di Hamas alla folle vendetta di Netanyahu, tutto ciò richiama ognuno al senso di responsabi­lità, individual­e e collettiva. La mobilitazi­one delle coscienze deve alimentare un movimento popolare a favore del disarmo e della convivenza pacifica. Quell’utopia non può essere coltivata solo da Papa Francesco.

PRIMA OGGI LA MANIFESTAZ­IONE PER LA PACE: IL MERCATO DELLE ARMI È ANCORA IL NODO CRUCIALE

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