“Svelarsi”, anima vietata agli uomini
Silvia Gallerano porta in scena il suo nuovo spettacolo: solo donne sul palco e solo donne in sala. E funziona
Roma, la sala è piena, fa caldo, siamo tutte in attesa e molto incuriosite. Solo un pubblico femminile e solo donne sul palco. Un inizio forte, un balletto di otto donne, nude, una diversa dall’altra. Corpi imperfetti che dopo i primi minuti di esibizione diventano armoniosi. Una coreografia che rimanda ai movimenti del can can, si ride, perché il corpo giusto, il corpo perfetto, non esiste.
Esiste l’emozione, la partecipazione, la solidarietà, il guardarsi negli occhi. Il capirsi.
Esiste il nuovo spettacolo di Silvia Gallerano, Svelarsi, regista e attrice, anni fa già rivelata al grande pubblico grazie a La merda, apprezzato e discusso anche all’estero.
Così mentre le attrici si svelano nelle loro imperfezioni, ironizzano sulle pance, la cellulite, il doppio mento e le curve troppo abbondanti, noi ridiamo con loro e le affianchiamo, le amiamo, le sosteniamo tutte insieme in questo viaggio, in questo percorso nelle ossessioni femminili. Lo spettacolo non è solo sul palco, ma si propaga in tutta la sala. I maschi non possono e non devono entrare e ora ho capito il perché, giudicherebbero. Questa rappresentazione non provoca, ma scuote e commuove perché ciascuna di noi impari ad amarsi. Siamo qui, tutte insieme, per accettare questo meraviglioso territorio che è il nostro corpo, facciamoci spazio e lasciamo a casa gli uomini. È come una preghiera che piange e ride di noi stesse sentendoci delle Barbie imperfette. Non importa più cosa ci stia raccontando il testo, se è scritto bene o male, se le attrici siano brave o no, ci interessa stare lì, con loro, unite dalle stesse meravigliose nevrosi. La luce si accende in platea, iniziamo a interagire tra di noi. Ma perché le donne sono più vulnerabili al senso di colpa? Le risposte sono semplici, ma universali: mi sento in colpa di non aver voglia di fare l’amore, mi sento in colpa di non saper gestire la casa, il lavoro e i figli, mi sento in colpa quando sono stata tradita, mi sento in colpa perché ho sempre fame, mi sento in colpa di sentirmi in colpa e di non sentirmi mai abbastanza. Siamo diventate una piccola comunità, e si respira un senso di appartenenza e di condivisione, forse aiutate dal periodo storico che stiamo vivendo, infatti si parla sempre più spesso di patriarcato. Ci siamo trovate, siamo donne, non dobbiamo sbarazzarci di nulla e smettere di mascherarci, giudicarci, modificarci, aggiustarci. Nel finale tutto il pubblico si riversa sul palcoscenico, è un momento ludico e liberatorio, si balla con le protagoniste, siamo tante, ammassate, ma al centro spicca una donna che, timidamente, si toglie la parrucca. Scopriamo che è pelata, è una malata oncologica. Bellissima, cede al controllo, si scatena in un ballo liberatorio e ride, ride a crepapelle. Vaffanculo al cancro!