Un doblone rubato e a Philip Marlowe i cadaveri (tre) arrivano al ginocchio
AMarlowe i cadaveri “gli arrivano praticamente al ginocchio” e il lettore è sempre un passo indietro, ammirato. Colpa, o merito, del ritmo da capogiro di Raymond Chandler. Dal particolare banale all’universale complesso in un amen. Stavolta l’immortale detective privato di Los Angeles parte da un caso solo in apparenza semplice. Una vecchia vedova grassa alcolista ricca e cattiva lo ingaggia perché le hanno un rubato un prezioso doblone. La donna sospetta della nuora, una cantante di night club, che è scappata di casa da una settimana. Completano il quadro il figlio sfaccendato della vecchia e la giovane e strana segretaria che vive con loro.
EPPERÒ il tempo, appunto, di uscire dalla villa di Mrs. Elizabeth Murdock, questo il nome della sua nuova cliente, e Marlowe intuisce che il doblone rubato non porta affatto alla cantante scomparsa. Anzi. Il furto si rivela una storiaccia in cui il detective dà fondo a drink e battute, tra caldo malinconia e cinismo, muovendosi nel caotico di Los Angeles, laddove uno può valere meno di uno. Alla fine gli omicidi saranno tre, senza contare il mistero originario richiamato nel titolo. Ritrovare Chandler e il suo Marlowe rinnova sempre uno stupore che si propaga a più livelli. Finestra sul vuoto fu pubblicato nel 1942 e adesso Adelphi lo ripropone nella traduzione di Gianni Pannofino (il libro esce il 12 marzo). Il realismo marlowiano ancora una volta dimostra che a prevalere è la verità, non la giustizia, per sopravvivere nella giungla umana di bugie e tradimenti e violenza. E ogni libro di Chandler resta un manuale di scrittura: “Ho tirato fuori dalla scrivania una fondina ascellare e l’ho indossata. Ci ho infilato una Colt 38 automatica, ho messo giacca e cappello, richiuso la finestra, imboscato il whisky, spento le luci, ed ero quasi uscito dall’ufficio quando il telefono ha cominciato a squillare” (pagina 103).