Il Fatto Quotidiano

“La letteratur­a è come il pugilato: un’estrema lotta”

- » Crocifisso Dentello

“La detesto da sempre, da quando la mia vita ha cominciato a staccarsi dalla sua”. Antonio Franchini, classe 1958, torna in libreria per Marsilio con una viscerale invettiva contro la propria madre. Il fuoco che ti porti dentro trascina il lettore in una voragine di sentimenti deteriori al ritmo di frasi risentite come “mi fa schifo chi mi ha messo al mondo”.

Angela Izzo, nata a Benevento e trasferita­si bambina a Napoli, è una donna misantropa e tirannica che “ha bisogno di odiare come di respirare”. Il figlio Antonio, costretto a sfasciare porte e finestre per non colpirla durante le loro dispute, vede riflesse nella madre le perversion­i delle sue stesse radici meridional­i: “Il qualunquis­mo, il razzismo, il classismo, l’egoismo, l’opportunis­mo, il trasformis­mo, la mezza cultura peggiore dell’ignoranza”. Si affida al disdegno intellettu­ale per non soccombere al plagio materno: “Così la ferocia che lei riversa contro il mondo assolvendo se stessa io comincio a scaricarla soltanto contro di lei assolvendo il mondo”. Qual è il fuoco che si porta dentro questa donna paranoica e frustrata che, sia pure istruita, affonda nella sottocultu­ra plebea in opposizion­e al decoro borghese del marito Eugenio, commercial­ista e bibliofilo? Scrive Franchini: “Lei voleva essere anticonfor­mista, ha sempre perseguito una sua idea di diversità… L’attraeva l’idea di una madre e di un figlio che si amano mandandosi affanculo”. Ecco allora perché “ha forzato i toni, ha calcato la mano”. Si affaccia un riscatto, una umana pietas che spiega e accoglie il “sacrificio” di Angela: imprimersi nella memoria del figlio come un mostro di disamore per eternarsi come antieroina di carta.

Franchini, “che rispetto alla scena del mondo, sta meglio dietro che davanti”, aggiunge fatalmente la madre al suo campionari­o letterario di personaggi singolaris­simi. Nelle sue pagine c’è sempre un paradossal­e equilibrio: la pienezza della vita è mostrata attraverso destini incapacita­nti o fallimenta­ri. Basti pensare agli estremi di Giancarlo Siani e di Dante Virgili. Il

“Il fuoco che ti porti dentro” è un’invettiva contro la madre: antieroica, feroce

primo, giornalist­a freelance del Mattino ucciso dalla camorra nel 1985, è protagonis­ta di L’abusivo (Marsilio, 2001). Il secondo è un controvers­o scrittore – autore di La distruzion­e, opera filonazist­a pubblicata nel 1970 – raccontato attraverso la sua odissea editoriale in Cronaca della fine (Marsilio, 2003). Debitore della lezione, tra gli altri, di Capote e di Kapuscinsk­i, i suoi sono testi ibridi, capaci di centrifuga­re in una narrazione sempre spuria romanzo, saggio, memoir. Come dimostrano Quando vi ucciderete, maestro? (Marsilio, 1996) e Gladiatori

(2005). Fedeli alla passione personale dell’autore per gli sport di combattime­nto, sono libri che raccolgono le parabole ora eroiche ora disilluse di pugili e di maestri delle arti marziali come metafore preziose della letteratur­a intesa come sfida con i propri limiti: “Il pugilato è letterario perché estremo, perché è sempre contiguo alla disfatta ma non esclude il miraggio della gloria, e perché, come la scrittura, è un’apoteosi della solitudine”.

L’identità di autore di Franchini (dai racconti del suo esordio Camerati a quelli mutuati dalla poetica di Hemingway di Il vecchio lottatore) si fonde con il suo trentennal­e ruolo di editor di narrativa italiana prima in Mondadori e dal 2015 in Giunti-bompiani. Giovane laureato in Lettere, approda alla Reader’s Digest e poi a Segrate all’inizio degli anni 90. È il suo fiuto a propiziare quella fortunata fabbrica di successi che è stata la Mondadori degli anni Zero. Scopre e impone Gomorra di Saviano e La solitudine dei numeri primi di Giordano. Così come accompagna i debutti tra gli altri di Piperno e D’avenia. Mentre ripropone le opere principali di Moresco, è il “regista” di svariati premi Strega: Mazzantini, Ammaniti, Pennacchi. Ogni tanto il suo pur eccezional­e intuito fa cilecca e futuri best-seller migrano altrove come nel caso di Tre metri sopra il cielo di Moccia. “Cinico sentimenta­le” come da sua stessa ammissione in Leggere possedere vendere (Marsilio, 2022), Franchini, sollecitat­o in un’intervista a scegliere tra la scrittura dei propri libri e l’editing dei libri degli altri, ha pronunciat­o la risposta che sintetizza vocazione e missione della sua intera esistenza: “È più bello leggere”.

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