Il Fatto Quotidiano

Il Papa: “A Kiev serve coraggio Bandiera bianca per salvarsi”

L’intervista Dalla RSI, Radiotelev­isione svizzera, Bergoglio parla a Zelensky “Se sei sconfitto, la forza di negoziare non è mai resa”

- Alessia Grossi

“Credo che è più forte chi vede la situazione, chi pensa al popolo, chi ha il coraggio della bandiera bianca, di negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazio­nali. La parola negoziare è una parola coraggiosa. Quando vedi che sei sconfitto, che le cose non vanno, occorre avere il coraggio di negoziare. Hai vergogna, ma con quante morti finirà?”.

Non più solo una missione, ma una vera indicazion­e, delineata con parole chiare e forti. Papa Francesco affida all’intervista della Radio Television­e svizzera le parole più determinat­e che abbia mai pronunciat­o in questi due anni di conflitto. Parla all’ucraina: “Negoziare in tempo – suggerisce Bergoglio – cercare qualche Paese che faccia

Come finisce una guerra? Con morti, distruzion­i, bambini senza genitori Papa Francesco

Non solo l’invasione russa “A Gaza in due sono responsabi­li”. Il Pontefice contro l’industria delle armi: “È un peccato collettivo”

da mediatore. Oggi, per esempio nella guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore”, spiega. “La Turchia si è offerta per questo. E altri. Non abbiate vergogna a negoziare prima che la cosa peggiori”, conclude rispondend­o alla domanda dell’intervista­tore, Lorenzo Buccella, che si riferisce proprio a chi “in Ucraina chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca”. “È un’interpreta­zione – risponde il Pontefice – passando subito a far intendere che lui è tra coloro che la vedono così. Tanto che una nota del Vaticano precisa che l’immagine della bandiera bianca è stata proposta da Bucella. E che per Bergoglio il negoziato “non è mai resa”.

RESTA UN MESSAGGIO forte, cristiano, prima di tutto, quello del Papa che ricorda di essersi fatto mediatore, non solo tra ucraini e russi, ma anche in Medio Oriente con la lettera agli “amici ebrei”. Un messaggio tuttavia che a Kiev non verrà accolto con favore, se si pensa che alle tensioni per le parole di mediazione di Bergoglio. Per Kiev l’equidistan­za mostrata dal Papa tralascia la distinzion­e tra aggredito e aggressore. E Bergoglio ci torna su dopo il lancio dell’intervista, ribadendo che prega per il martoriato popolo ucraino. Ma la crepa tra Kiev e il Vaticano non si è mai realmente ricucita, nonostante i tentativi della Santa Sede: tra cui il viaggio a Bucha dell’inviato di pace Matteo Zuppi.

Ma Bergoglio non fa riferiment­o solo all’ucraina. Quello affidato alla tv svizzera e che andrà in onda nella versione integrale il 20 marzo, è un messaggio anche a Israele. Quando l’intervista­tore gli chiede cosa gli rispondono i grandi della Terra quando chiede loro la pace, il Papa svela: “C’è chi dice, è vero ma dobbiamo difenderci… E poi ti accorgi che hanno la fabbrica degli aerei per bombardare gli altri. Difenderci no, distrugger­e. Come finisce una guerra? Con morti, distruzion­i, bambini senza genitori. Sempre c’è qualche situazione geografica o storica che provoca una guerra... Può essere una guerra che sembra giusta per motivi pratici. Ma dietro una guerra c’è l’industria delle armi, e questo significa soldi”. Concetti quello degli armamenti e della “guerra giusta” che Bergoglio ribadisce spesso, ma che uniti al discorso di come la difesa finisca nella distruzion­e richiama alla mente Gaza. In definitiva per il Papa “la guerra sempre è una sconfitta, una sconfitta umana, non geografica”. Definizion­e seguita da un aneddoto che lo riguarda, un po’ il simbolo del suo pontificat­o: quello delle due colombe liberate per la commemoraz­ione della pace portate via a San Pietro da un corvo nero. “È duro”, commenta Francesco, parago

nandolo a ciò che succede in guerra. “Tanta gente innocente non può crescere, tanti bambini non hanno futuro. Qui vengono spesso i bambini ucraini a salutarmi, vengono dalla guerra. Nessuno di loro sorride, non sanno sorridere. E un bambino che non sa sorridere sembra che non abbia futuro. Pensiamo a queste cose, per favore”, rincara la dose il Papa. Quanto al Medio Oriente, per Bergoglio, che racconta come ogni giorno alle sette di pomeriggio chiami la parrocchia di Gaza in cui vivono seicento persone che gli raccontano cosa vedono: “È una guerra – dice – e la guerra la fanno due, non uno. I responsabi­li sono questi due che fanno la guerra”. “La guerra è pazzia, è una pazzia” chiosa Francesco anticipand­o all’ansa l’intervista e aggiunge che gli “interventi umanitari alle volte sono per coprire un senso di colpa”. Un messaggio all’europa? Agli Usa?

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 ?? FOTO LAPRESSE ?? Punti di vista Un bambino sulle macerie di Rafah Accanto, l’incontro tra il Papa e Zelensky
FOTO LAPRESSE Punti di vista Un bambino sulle macerie di Rafah Accanto, l’incontro tra il Papa e Zelensky

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